Quelli di Texprint minacciano sfracelli, fino a denunciare per calunnia i sindacalisti del Si Cobas. Ma ora sono loro ad essere sotto scacco, dopo che l’Ispettorato del lavoro di Prato ha riscontrato più di una violazione amministrativa ai danni di un gruppo di operai per lo più pachistani, che avevano denunciato di lavorare sette giorni alla settimana e dodici ore al giorno.

Il verbale dell’Ispettorato, trasmesso anche alla magistratura per possibili indagini penali, non è per ora stato reso pubblico. Ma, come ha rivelato il quotidiano il Tirreno, l’esito dei sopralluoghi alla stamperia a conduzione cinese ha accertato che i lavoratori venivano sfruttati.

Ci sono però voluti dieci lunghi mesi per arrivare a stabilire che l’azienda di via Sabadell, una delle miriadi di ditte cinesi che monopolizzano il settore del pronto moda nella terza città del centro Italia, considerava il contratto collettivo nazionale di lavoro né più né meno che carta straccia. E c’è stato bisogno anche di una durissima vertenza, segnata da scontri, aggressioni, manganellate e tentativi dell’azienda di licenziare i “ribelli”. Lavoratori che, insieme al sindacato di base, hanno risposto con lo slogan «8×5», diventato virale e effigiato anche sulle t-shirt, a testimonianza della elementare richiesta operaia di ottenere turni di otto ore per cinque giorni alla settimana.

Anche il giudice del lavoro, in questo lungo lasso di tempo, ha dato ragione a un operaio che era stato licenziato dalla Texprint, al pari di altri dodici compagni, con l’accusa formale di infrazioni disciplinari che in realtà sono state considerate, di fatto, una mera ritorsione aziendale. Il successo della prima causa discussa davanti al giudice, con il reintegro dell’operaio in azienda, fa ben sperare sia i lavoratori che il sindacato, che attendono nelle prossime settimane le ulteriori udienze di merito per gli altri licenziati.

Texprint ha fatto sapere che i due sindacalisti del Si Cobas, Luca Toscano e Sarah Caudiero (che hanno seguito la vertenza) e altri 25 fra lavoratori e attivisti impegnati nei picchetti e nei presidi di protesta che si sono succeduti sia al Macrolotto che nel centro città, saranno processati con le ipotesi di accusa di violenza privata, danneggiamento, lesioni e percosse. Una citazione a giudizio fatta direttamente dalla procura, senza passaggi davanti a un giudice, con un dibattimento che è stato fissato comunque nel lontano 2025.

Non è infine un caso che in questi giorni l’Asl Centro Toscana, l’amministrazione comunale pratese, la procura, il sindacato confederale (con l’esclusione però di quello di base) e il centro studi interuniversitario Adir, abbiano firmato sotto l’egida della Regione un nuovo protocollo contro lo sfruttamento lavorativo. Una mossa per cercare di riportare la legalità nel formicaio del Macrolotto. Nel solco del progetto «Lavoro sicuro», avviato dalla Regione 7 anni fa dopo la strage di operai (7 le vittime) nel rogo della ditta tessile Teresa Moda. Un’offensiva fatta di 15mila controlli che ha portato dal 15% di allora al 55% di oggi le aziende che osservano leggi e regolamenti. Resta però fuorilegge un altro robusto 45%.