Dopo gli adesivi antisemiti col volto di Anna Frank lasciati nella curva sud dello stadio Olimpico al termine di Lazio-Cagliari di domenica scorsa, tutti sembrano accorgersi del risorgere dell’estremismo di destra e del razzismo. Interviene, dal colle più alto, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che definisce l’episodio «disumano e allarmante». Invita a non «minimizzare» il presidente del consiglio Paolo Gentiloni. Le telecamere dello stadio avrebbero consentito di individuare una quindicina di persone, tra le quali alcuni minorenni, riprese mentre attaccavano gli adesivi. Il presidente del club biancazzurro, Claudio Lotito in visita alla sinagoga di Roma annuncia che ogni anno porterà 200 tifosi ad Auschwitz. La partita di domenica sera contro il Cagliari doveva essere occasione di riscatto antirazzista. Con la curva nord, il settore storicamente occupato dal tifo organizzato, chiusa a causa di cori razzisti sentiti nel corso di Lazio-Sassuolo, la società biancoazzurra aveva deciso di offrire i biglietti di curva sud a 1 euro in nome dell’antirazzismo. Soltanto che anche i tifosi abbonati alla curva nord hanno avuto l’opportunità di occupare quei gradoni. Così, per Damiano Tommasi, presidente dell’Associazione calciatori, «la Curva Sud ‘vestita’ da antirazzista, è stata aperta anche ai colpevoli».

Il gruppo di ultras degli Irriducibili non ha intenzione di dissociarsi: «Si tratta di scherno e sfottò da parte di qualche ragazzo». Nel comunicato si dice anche che «come da sentenza di tribunale», «non è reato apostrofare un tifoso avversario accusandolo di appartenere ad altra religione». Il riferimento alla giurisprudenza non pare casuale. Non mancano le decisioni controverse in questo senso: nel 2015 i tifosi del Verona vennero assolti per aver fatto il saluto romano in trasferta a Livorno perché il braccio teso era da considerarsi «collocato all’interno di una manifestazione sportiva che non è il luogo deputato a fare opera di proselitismo e propaganda politica». È proprio la comparsa degli Irriducibili a colpire. Il gruppo, notoriamente intriso di immaginari di estrema destra, si era sfaldato tra rivalità interne, arresti per droga e affari illeciti tra i quali persino un tentativo di scalata della società. Lo scioglimento risalirebbe al 2010, quando uno dei leader, Fabrizio Toffolo aveva portato in curva l’allora candidata alla Regione Lazio del centrodestra Renata Polverini.

Da qualche tempo, invece, risulta che un altro dei capi storici, Fabrizio Piscitelli detto «Diabolik», sia tornato sui gradoni. Il suo nome compare anche nelle carte di Mafia Capitale: secondo un’informativa dei Ros Piscitelli sarebbe a capo della batteria operante a Ponte Milvio e risponderebbe direttamente al boss napoletano Michele Senese. La storia degli Irriducibili è per certi versi all’avanguardia, miscuglio di marketing spinto e tifo estremo, accordi commerciali e rivendicazioni di purezza. La vicenda degli adesivi, dice chi conosce la curva, sarebbe opera di cani sciolti cresciuti nel brodo di coltura neofascista. Ecco perché i redivivi Irriducibili adesso non possono dissociarsi. Lo hanno fatto i tifosi raccolti sotto la sigla «We Love Lazio», che hanno portato una corona di fiori al quartiere ebraico e definito la storia degli adesivi col volto di Anna Frank «una miseria che abbiamo il dovere di combattere».

Il sociologo ed esperto Valerio Marchi, scomparso anni fa, sosteneva che le curve degli stadi non sono luoghi a sé stanti. Amplificano quanto avviene nella società intera. Con la xenofobia montante nel paese, i gruppi di estrema destra ringalluzziti, giornali considerati «moderati» intenti a prendere di mira i migranti, ecco che lo stadio Olimpico rigurgita di nuovo razzismo. Se si legge il comunicato col quale i tifosi dell’Ascoli, che ieri ha giocato contro lo Spezia nel turno infrasettimanale della serie B, si dissociano dal minuto di silenzio proposto dalla Fgci contro il razzismo, vi si riconosceranno molte delle argomentazioni razzistoidi di solito in bocca ai politici del «Prima gli italiani»: «Non vogliamo essere complici di un teatrino mediatico e istituzionale che dimentica i terremotati e i nostri anziani», dicono.