Abbiamo raggiunto al telefono in Iran la scrittrice Mahsa Mohebali, autrice del libro Non ti preoccupare (Ponte33, 2014, traduzione Giacomo Longhi) per discutere della vittoria elettorale dei moderati in Iran.

Sembra che i radicali vicini all’ex presidente Ahmadinejad siano stati messi in un angolo dall’accordo riformisti-moderati…
Sì, penso che ciò dipenda dalla volontà della gente, ancor prima che dalle politiche dei moderati-riformisti. La partecipazione a queste elezioni sembra quasi una reazione alla repressione delle proteste seguite alle elezioni del 2009. Per la prima volta le elezioni si sono svolte sotto un governo moderato, anziché conservatore. Dunque gli iraniani sono andati a votare fiduciosi che questa volta non ci sarebbero stati brogli. Una fiducia che mancava quando si è dovuto eleggere il presidente della Repubblica, poiché all’epoca era ancora al governo Ahmadinejad, che aveva incaricato il Sepah di supervisionare lo svolgimento del voto. Adesso, invece, con il governo Rohani è stata incaricata la polizia, che ha garantito una maggiore regolarità. Si può dire che lo Stato proteggendo il voto dei cittadini li ha incoraggiati a partecipare alle elezioni e a marginalizzare le forze più estremiste.

I moderati sembrano aver ottenuto una vittoria importante anche nell’Assemblea degli Esperti?
Il nuovo assetto dell’Assemblea degli Esperti, e dunque la scelta della futura Guida, ha poco a che vedere con i vari schieramenti politici e i suoi meccanismi non sono altrettanto trasparenti di quelli del parlamento, anche se si può dire che subiscono l’influenza generale del clima politico. A quanto pare i moderati puntavano a eliminare alcune personalità dai componenti dell’Assemblea, e più o meno ci sono riusciti. Ma bisogna considerare che su sedici persone della lista presentata da Rafsanjani almeno dieci sono conservatori, anche se alla gente è stata presentata come di tendenza moderata. Comunque è ancora presto per dare pareri netti, dovremo aspettare fin quando l’Assemblea si riunirà per la prima volta ed eleggerà i membri del Consiglio dei Guardiani. Solo allora si potrà capire se i moderati avranno effettivamente voce in capitolo nella nuova Assemblea. Forse il nuovo assetto è leggermente più equilibrato. Certo, se per il Consiglio dei Guardiani venissero scelti moderati o riformatori, come ad esempio Khatami, si potrebbe sperare che i moderati abbiano trovato davvero spazio all’interno dell’Assemblea.

Lo stesso sta accadendo per il Majlis. Stiamo tornando alla primavera rifomista degli anni Novanta?
No, non penso che stiamo tornando a quel periodo. Si sta aprendo la possibilità di andare incontro a un clima politico più disteso, ma in termini diversi rispetto al passato. I partiti riformisti sono falliti, oggi ci sono nuovi partiti che stanno prendendo il posto dei vecchi riformisti e che si pongono come mediatori. Questi piccoli partiti si collocano per lo più a metà strada tra conservatori e riformisti: o sono conservatori favorevoli alle riforme, o si tratta di riformisti moderati. In sintesi, la politica iraniana è uscita dal bipolarismo. Ha preso il potere una colazione più o meno divisa e più efficiente, nata da un’alleanza tra i moderati dei due schieramenti.

Finalmente donne e giovani sono tornati a votare?
Era già successo nel ’97, quando venti milioni di elettori scelsero Khatami. Quest’alta partecipazione ha avuto seguito fino oggi, anche se in questi diciotto anni è calata la presenza di donne e giovani, in particolare dopo i brogli elettorali del 2009. Ancora una volta però le donne e i giovani, che rimangono spesso inascoltati, si sono fidati di Khatami e hanno raccolto il suo invito a partecipare a queste elezioni. Per le donne e i giovani l’invito di Khatami ha avuto un peso ancora maggiore di quello di Rohani.

Perché tante persone si astengono?
C’è chi non ha fiducia nelle riforme, e forse dopo diciotto anni di compromessi e soprattutto dopo i fatti del 2009 sono diventati scettici che possa cambiare qualcosa. Però è un pensiero che non condivido. Ci sono persone che hanno pensato che il voto fosse una soluzione nonostante nel 2009 abbiano subito forti persecuzioni, come Mousavi, sua moglie e Karrubi. Anche se il fatto che siano ancora agli arresti domiciliari lascia ben poco spazio all’ottimismo. Ci sono voci che dicono che prima dell’annuncio del risultato definitivo delle elezioni Rouhani e Khatami si siano incontrati con Khamenei per discutere la sospensione degli arresti domiciliari di Mousavi e Karrubi. È interesse dello Stato farlo per non perdere l’appoggio della gente. E non penso voglia perderlo neppure Khamenei.

(Ha collaborato Giacomo Longhi)