All’inizio di giugno, presso il centro sociale Communia, nel quartiere romano di San Lorenzo, si è tenuto il festival Letteraria, con dibattiti, reading, rappresentazioni teatrali e conferenze che hanno coinvolto, tra gli altri, anche Carlo Lucarelli e il Collettivo Wu Ming. Ogni prima e terza domenica del mese, nel centro sociale Forte Prenestino, a Roma, si tiene il mercato Terra terra che mira a consentire, come fanno ogni settimana i tantissimi Gruppi di Acquisto Solidale (Gas) diffusi sul territorio, l’accesso a prodotti buoni, puliti e giusti, riducendo i passaggi della catena distributiva degli alimenti. All’Esc Atelier, spazio occupato nel cuore di San Lorenzo, sono attivi sportelli legali per i diritti di cittadinanza e di tutela del lavoro precario. Oltre a concerti, rassegne e iniziative serali, Esc ospita gli incontri della Lum – Libera Università Metropolitana – un esperimento di autoformazione e laboratorio che organizza, inter alia, seminari e ricerche. Al centro sociale Strike, a Portonaccio, dal martedì al venerdì è aperta la cucina sociale “Strkitchen Stirkespa”, che presenta ogni giorno un menu diverso di ottima qualità, a prezzi modici.
In via delle Isole Curzolane, nel quartiere Tufello, la Palestra popolare Valerio Verbano organizza corsi di Ginnastica Artistica, Boxe, Kick Boxing, Ginnastica posturale, Karate e Fung Fu, a prezzi accessibili. A Casal Bertone, il Centro sociale La Torre mette in piedi una serie di attività di vario tipo, dal bioristoro e forno della Riserva della Valle dell’Aniene La Trattoriola, alla Palestra Popolare Corpi Pazzi, passando per il laboratorio informatico Bugslab e il progetto MediaMemoria, che lavora alla costruzione di laboratori di ricerca storica nelle scuole medie e si attiva per restituire vive le memorie della Resistenza partigiana al nazifascismo.
Infine, presso il Centro sociale Ex Snia, dal 14 giugno, per 5 venerdì consecutivi, si tengono i concerti di Jazz al Popolo, con concerti e iniziative musicali, che quest’anno confluiscono nell’alveo di Artindipendenti 2013, un’ecofesta che intende convogliare differenti arti per promuovere la cultura. Sono solo alcune delle numerosissime attività e iniziative messe in piedi dai vari spazi occupati e autogestititi che popolano la capitale.
Cosa vuol dire centro sociale? Quale modello di centralità propongono questi luoghi? E perché sono tenuti ai margini dell’ufficialità? Poiché molti di questi luoghi sono occupati illegalmente – anche se in tal modo sottratti all’abbandono e riqualificati dalle persone che li gestiscono – i centri sociali sono mal visti dalle amministrazioni e molti sono sotto sfratto o a rischio sgombero. C’è un’ufficialità che non digerisce certe realtà magmatiche e auto-realizzate, ostacolando la loro vitalità, frutto della risposte alle esigenze reali della popolazione, soprattutto giovanile, o di chi è vissuto e cresciuto nel quartiere. Ciò nondimeno, mentre le istituzioni cittadine e nazionali confermano che l’Italia non è un Paese per giovani, questi luoghi altri, non ufficiali, resistono e crescono. Esattamente perché consentono ai giovani, che non riescono a esprimersi altrove, di trovare e definire nuovi spazi e perché forniscono un contributo fondamentale per chi risiede a Roma, elaborando e diffondendo cultura, organizzando e offrendo corsi, aiutando concretamente cittadini e migranti, riqualificando periferie, sollecitando continuamente alla riflessione chi li frequenta.
Il nuovo nuovo sindaco Marino si trova di fronte non pochi problemi. Intanto quello gigantesco della mobilità: la città detiene il record di macchine per abitante (in un rapporto che è quasi di 1 a 1) e dispone di mezzi pubblici inadeguati. Segue l’esplosiva emergenza abitativa, che riguarda migliaia di famiglie. Ora, mentre le nuove e inutili costruzioni sono destinate a rimanere vuote, si diffondono nel territorio isole di resistenza, che offrono un contributo importante alla diffusione di modelli alternativi a quelli istituzionali, sia in tema di mobilità privata che dei bisogni abitativi. Si pensi alle ciclofficine, diffuse in quasi tutti i centri sociali della Capitale, e alle Ciemmone, che con cadenza regolare vedono gruppi sempre più nutriti di ciclisti invadere pacificamente la città. Significative a tal proposito le occupazioni che nell’ultimo anno hanno interessato edifici vuoti e abbandonati, reazione eterodossa a una gestione affaristica degli alloggi popolari e a una rimozione dell’edilizia pubblica popolare dall’orizzonte politico.
Le attività che hanno luogo nei centri sociali occupati o autogestiti, nelle palestre popolari e in altri piccoli spazi di quartiere, nati grazie alla buona volontà di poche persone e contro pregiudizi e ostacoli ufficiali, contribuiscono a caratterizzare i quartieri e a forgiare la cittadinanza, rendendo i romani maggiormente consapevoli delle potenzialità del territorio, dei propri diritti e dei propri doveri.
È grazie alla cultura, tra le altre cose, che una città prende vita ed emancipa i suoi abitanti, che acquistano sicurezza e desiderio di viverne i luoghi, uscendo dalle anguste mura domestiche e dalla passività. È con la diffusione delle idee, delle buone pratiche, dei saperi, che il cittadino può sentirsi al centro della polis, di un progetto volto al futuro e al miglioramento. Lo si è visto, con risultati alterni, anche con le Estati Romane, in questi ultimi anni, tuttavia, sempre più lontane dal modello iniziale nato dal genio di Renato Nicolini: sempre più dispendiose e dispersive, sempre più mondane e omologate a una cultura mainstream appiattita sugli sponsor privati e sulle idee dei promotori istituzionali. La forza della cultura e delle buone pratiche si vede ancor di più nelle iniziative dal basso di questa “Roma alternativa”: concerti, teatro, corsi, trattorie, palestre, tutto è funzionale ad arricchire lo spirito di chi li frequenta, e tutto nasce dall’impegno di persone volenterose e da piccole associazioni, con un costo basso per chi organizza – se non in termini di tempo ed energia – e un prezzo accessibile per chi fruisce.
Infine, questi spazi influiscono sull’identità e sulla crescita culturale di interi quartieri. La presenza di centri sociali in zone periferiche – dal Tufello a Cento Celle, passando per Casal Bertone, Portonaccio, San Lorenzo e il Pigneto – ha contribuito a trasformare aree una volta degradate, difficili, inospitali, in luoghi vivi, attraenti e sicuri. In tal modo non solo si è favorito l’accesso all’offerta culturale di chi vive o frequenta questi posti, ma si è anche fortemente limitata la diffusione di criminalità.
È politica con la P maiuscola, è politica di sinistra e intervento sul territorio e dal basso. Che rappresenta un’Italia – perché Roma non è l’unico caso – che non si dà per vinta, che non si piange addosso, che cresce, con entusiasmo, grazie alla vivacità delle idee e alla bontà dei progetti. E che andrebbe incoraggiata, sostenuta, alimentata, seppur senza ingabbiarla nella burocrazia, nei vincoli e nei veleni dei canali ufficiali. Anche solo prendendo parte alle iniziative, godendo delle loro offerte fruitive e culturali.