Nel giorno delle bandiere a mezz’asta per la strage che continua nel nord, impermeabile ai pur reali segnali positivi, tanto da aver superato ieri di nuovo il confine delle 800 vittime, anche Confindustria ammaina i suoi pennoni. In segno di lutto preventivo per le sorti dell’economia se le fabbriche, chiuse in ritardo una settimana fa, non riapriranno presto.

L’analisi dell’Ufficio studi di viale dell’Astronomia è un macigno. Prevede una caduta del Pil di 10 punti nella prima metà dell’anno, con recupero parziale, se a fine maggio la fase acuta dell’emergenza sarà finita, sino a perdere nel complesso solo 6 punti a fine anno e con rilancio sino a 3,5 punti percentuali in più l’anno prossimo.

È una visione non del tutto pessimista ma solo a patto che la produzione riprenda al 40% all’inizio di aprile, al 70% a inizio maggio, al 90% all’inizio del mese successivo per tornare al 100% a fine giugno. Poi arriva il monito: dall’inizio di maggio ogni settimana di blocco della produzione in più «potrebbe costare almeno lo 0,75 del Pil in più». Sull’occupazione, Confindustria stima un impatto negativo limitato, dalla disoccupazione al 9,8% di gennaio all’11,2%, e un aumento del debito pubblico di cinque punti, che porteranno il debito a 147 miliardi.

IL MESSAGGIO NON POTREBBE essere più esplicito: se il governo vuole limitare il danno deve riaprire le aziende. Non che Confindustria si aspetti l’impossibile, cioè la riapertura dopo il 3 aprile, ma incalza e spera intanto in un segnale già col prossimo dpcm: l’esenzione dalla sospensione delle attività di alcuni settori, in particolare quello dei ricambi industriali per il quale può essere addotta l’essenzialità non in sé ma nella filiera dei settori essenziali, e forse dei macchinari agricoli.

È probabile che Conte, pur avendo delegato ogni scelta al Comitato tecnico-scientifico che ieri ha affrontato ufficialmente la questione per la prima volta, quel segnale lo invii. Ma per il resto, la realtà è che non c’è nessuna certezza.

IL COMITATO LAVORA su diversi scenari. Ipotizza la «ripartenza» graduale a partire dalle industrie per poi passare, con molti vincoli, ai negozi e solo più tardi a bar e ristoranti, in questo caso con condizioni di fatto quasi proibitive, se saranno fatte rispettare, mentre la riapertura delle scuole è quasi fuori discussione prima dell’autunno.

Ma non è esclusa una ripresa per aree del Paese, partendo da quelle meno colpite, e neppure uno scenario basato sulle fasce a rischio, di fatto sull’età. Conte però ha sempre puntato i piedi per evitare differenziazioni geografiche e lo scaglionamento per fasce d’età è reso difficile da diversi fattori oggettivi. Alla fine, pur se non certo, è probabile che si proceda per settori, partendo dalle industrie.

Ma nessuno sa davvero quando la ripartenza, comunque articolata, inizierà. Dipende prima di tutto dalla situazione del contagio, che rallenta effettivamente la sua crescita ma lentamente e di certo molto più lentamente di quanto fosse auspicato. Ma dipenderà anche dagli strumenti tecnici di contrasto al virus che saranno a disposizione nelle prossime settimane: le mascherine, la cui produzione è ancora largamente ostacolata da questioni burocratiche, in particolare l’obbligo di certificazione che è comprensibile per la difesa ma non per limitare il droplet, cioè la fonte di contagio; i tamponi, che segnano ancora il passo per la carenza di reagenti; la possibilità di tracciare le frequentazioni dei nuovi positivi tramite smartphone, con la app che ancora non è stata messa a punto; l’esame sierologico che permetterebbe di individuare non i positivi ma gli immunizzati.

RENZI, ORMAI lanciatissimo nella parte di sponda politica di Confindustria e paladino della riapertura, oltre a chiedere la ripresa delle attività produttive in aprile e della scuola a maggio, oltre a bocciare il reddito di emergenza perché sarebbe «assistenzialismo», insiste proprio per far circolare gli immuni. È una proposta furba, fatta apposta per accreditarsi il merito di quel che il governo farà non appena sarà possibile e al momento non lo è, non essendo ancora possibile l’analisi sierologica.

Come evolverà il contagio e quando saranno pienamente a disposizione i mezzi necessari per contrastare il virus nessuno lo sa. Dunque, come Protezione civile e Sanità in privato ammettono, nessuno sa se la ripartenza inizierà il 19 aprile, il 4 maggio o più tardi. La sola certezza è che la quarantena durerà almeno un altro mese. Se basterà è ignoto a tutti.