Quello che segue è il testo di un articolo pubblicato sul numero di marzo-aprile 1972 de «Il giornale dell’Unione inquilini», il bimestrale che veniva prodotto dal movimento per la casa nei primi anni Settanta e distribuito a Milano e nell’hinterland. È un documento che possiamo definire storico, nei contenuti e nel linguaggio, ma per certi versi molto attuale: si tratta della corrispondenza da Francoforte, dove era consistente la presenza di emigrati italiani che si stavano organizzando nelle prime lotte per il diritto all’abitare (e.ma.).

Famiglie e giovani emigranti calabresi e siciliani, stanchi dei continui aumenti di affitto, si sono ribellati. Hanno deciso di non pagare l’aumento, e si sono rivolti alle organizzazioni tradizionali sperando di poter ricevere un aiuto, ma più di un aiuto legale non potevano ottenere. E quando a fare le leggi sono i padroni si sa che limitarsi all’aiuto legale significa votarsi al fallimento.

Si sono rivolti allora all’Unione Inquilini. Abbiamo fatto molte riunioni con gli inquilini, e un po’ alla volta anche i più scettici si sono convinti. Poi è stata una cosa bellissima: per la prima volta non abbiamo dovuto far noi i manifesti e volantini; ma tutti insieme, uomini donne e nostri compagni. Le donne andavano a gara per procurare le lenzuola per fare i manifesti da appendere alla casa. Infine, con l’aiuto di compagni tedeschi abbiamo deciso di fare propaganda nel quartiere con volantini in lingua tedesca: c’è stata molta solidarietà, e abbiamo dovuto stampare i volantini per ben tre volte di seguito perché si esaurivano subito. Dopo due ore è arrivata la polizia accompagnata dal padrone e da sua figlia. Volevano far subito togliere i manifesti e le lenzuola, ma la polizia ha dovuto dichiararsi incompetente anche perché è stata fregata con un sacco di parole e di citazioni di leggi dai compagni del servizio legale sostenuto calorosamente da tutti gli altri. Nessun inquilino ha permesso ai padroni di entrare nella propria casa.

Qualcuno ha fatto notare ai padroni che erano degli strozzini e questi bastardi rispondevano che facevano pagare poco, niente spese, un favore insomma per i poveri Gastarbeiter. A chi denunciava la presenza di una famiglia con 4 bambini in cantina la padrona rispondeva «ma quelli non pagano l’affitto!». L’inquilino allora non ci ha visto più e (parlando in dialetto meridionale inframmezzato da eloquenti «Scheisse» e «Parasit» ) ha detto che gli rubavano 303 marchi al mese e che per entrare nella cantina aveva dovuto sborsarne ben 730. Stava quasi avventandosi contro la padrona per picchiarla prima che gli altri lo fermassero (forse è meglio così, ogni cosa a suo tempo). Allora tutti hanno cominciato a urlare contro i padroni; urlavano cosi forte e eravamo così arrabbiati che nemmeno la polizia ha osato difenderli e hanno dovuto allontanarsi con la coda fra le gambe.

Sabato e domenica siamo andati a distribuire i volantini in italiano per la manifestazione del 4 marzo; ci hanno portato dai loro parenti e amici, tutti col problema della casa. Poi abbiamo fatto un’altra assemblea in cui abbiamo deciso definitivamente di restare nelle case e di pagare solo il 10% del salario. Teoricamente il 1 marzo sarebbe dovuta venire la polizia per eseguire gli sfratti, ma le famiglie hanno accettato di correre questo rischio perché hanno capito fino in fondo il discorso del 10% e si sentono forti. Sanno quello che può succedere: abbiamo spiegato a tutti dei carri armati usati per lo sfratto di Hannover, ma nessuno si è mai tirato indietro, nessuno ha mai leccato il culo al padrone con la speranza di restare, hanno detto BASTA, una volta per tutte.

Nessuno di loro è mai stato comunista, ma sanno che noi lo siamo. Ora incominciano a interessarsi di politica e per noi sorge un problema: come fare a uscire da questa protesta che corre il rischio di restare fine a se stessa? Come Unione Inquilini non possiamo certo organizzare tutto questo. Ci vorrebbe un partito, un partito nuovo al servizio del popolo, non come quelli che vengono nelle nostre baracche a contendersi i nostri voti alla vigilia delle elezioni e durante l’anno se ne fregano di noi.