“Non partecipiamo alla seduta, l’intesa è saltata per autoaffondamento”. Il resoconto del senatore democrat Miguel Gotor ha il pregio della sintesi. Ma non rende appieno l’idea del pessimo spettacolo andato in scena a palazzo San Macuto, dove per la seconda volta in tre giorni la commissione bicamerale antimafia non è riuscita ad eleggere il suo presidente.

L’autoaffondamento segnalato da Gotor si riferiva alla “vivace discussione” in Scelta civica fra il candidato ufficiale, Lorenzo Dellai, e il suo collega di partito Andrea Vecchio, ex presidente dell’associazione costruttori edili catanesi. Sul capogruppo dei deputati montiani era arrivato un accordo fra il Pd e il Pdl, per superare il braccio di ferro fra Rosi Bindi e Donato Bruno. Le critiche alzo zero dell’anziano geometra Vecchio – una per tutte: “Dellai la mafia l’avrà vista al massimo al cinema” – hanno subito fatto precipitare la situazione.

Alla fine la pattuglia dei 20 parlamentari democrat ha deciso di non partecipare alla seduta. Una mossa decisiva per far mancare il numero legale. Perché anche nel Pd le idee erano confuse. Davanti alla rissa fra i montiani, Vincenza Bruno Bossio aveva annunciato: “Votiamo Bindi, non ci muoviamo di lì”. A quel punto la patata bollente è passata a Guglielmo Epifani. Il segretario ha riunito deputati e senatori della commissione, e nella discussione ha capito che alcuni volevano votare Rosi Bindi a oltranza, altri insistevano per l’accordo di maggioranza con Pdl e Sc. “’Sentirò i capigruppo – ha certificato Epifani – perché al di là dei nomi il problema è decidere se avere un candidato espressione di una maggioranza più larga, o un altro che prende i voti solo della nostra area”.

Ci sarà tempo fino a martedì, ufficializza Piero Grasso, quando si ritroveranno a San Macuto i 50 membri della commissione, divisi equamente fra senatori e deputati, di cui 20 del Pd, 11 del Pdl, 8 del M5S, 3 di Sc, 2 del Psi, di Sel e della Lega, uno di Fratelli d’Italia e di Gal. Ma sciogliere il nodo della presidenza non sarà facile. Ai suoi parlamentari Epifani ha detto che per lui il candidato dem non dovrebbe cambiare. Dire “no” a Rosi Bindi, ha spiegato, sarebbe come dire no al Pd. Ma in casa Pdl, dove il trentino Dellai era gradito, si spara a palle incatenate: “Governare con chi non rispetta gli accordi di maggioranza – avverte Renato Schifani – risulta sempre più difficile”. Ancor più duro Renato Brunetta: “Un Pd diviso in fazioni e lacerato al suo interno finisce per paralizzare il parlamento, alla faccia del senso di responsabilità e della stabilità tanto cari al presidente Letta”.

Che la questione sia legata ai precari equilibri politici interni alla maggioranza, è dimostrato dalle regole della commissione: per l’elezione del presidente è richiesta la maggioranza assoluta, quindi 26 voti. Se nessuno ci arriva, si va al ballottaggio fra i due che hanno ottenuto più voti, e viene eletto chi ottiene il maggior numero di consensi. Altrettanto certa è la pessima figura: “E’ davvero grave che questa maggioranza non senta la responsabilità morale – segnalano Peppe De Cristofaro e Claudio Fava di Sel – di dare subito al parlamento uno strumento di insostituibile efficacia civile e istituzionale qual è la commissione antimafia”. I pentastellati con Michele Giarrusso avvertono: “Alla terza convocazione senza numero legale, chiederemo la sostituzione dei membri dell’antimafia”. Fra i quali c’è anche Claudio Fazzone del Pdl, assai vicino a Luigi Parisella, sindaco di Fondi quando nel 2009 l’allora prefetto di Latina chiese lo scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose.