Il concerto d’addio a Milano di Elio e le storie tese si è tenuto martedì n un forum di Assago straboccante di pubblico. Si è trattato di un rito funebre nel rispetto della liturgia: palco a forma di bara con
scritta R.I.P. 1980-2017, fazzoletti per le lacrime distribuiti all’entrata, fiori e firme sul registro delle presenze. Carmelo nella parte del sacerdote ha introdotto il concerto-funerale con toccanti parole di commiato cui è
seguito naturalmente il canto. Tre ore di canzoni hanno ripercorso i 37 anni di carriera del gruppo tra cui molti pezzi del primo periodo. La scaletta era stata in gran parte indicata dal pubblico online ed ha ben rappresentato gli elementi che caratterizzano la musica degli Elii. Il politicamente scorretto, l’attraversamento di genere, l’inquietudine sessuale dei giovani, super e non. Il superamento degli stereotipi, cut-up e commistione musicale, le radici culturali e la critica politica e sociale. Il tutto sostenuto da una gran musica dal vivo come non è più facile ascoltare. Elio non vede eredi se non in alcuni
spin-off che indica in Mangoni o in dj Mendrisio il quale ha eseguito un pezzo inedito tecno-yodel-swing chiamato Bizzarrone.

Ospiti: Cristina D’Avena ha cantato in: Piattaforma e Stefano Bollani, pianoforte ne: El pube. La presenza di Feiez, indimenticato polistrumentista del gruppo scomparso nel 1998, si manifesta nel sassofono in: TVUMDB, nella commozione di Elio e nel coro: Forza Panino! dei fan storici. Come riferimenti territoriali ricordiamo l’invettiva finale in: Parco Sempione e la versione tecno di: O mia bela
madunina. Viene suonata: Urna, che ribadisce le parole del Foscolo, ma gli Elii lasciano eredità d’affetti, eccome. Condoglianze. È il funerale dell’epoca del politicamente scorretto nel rock per lasciare spazio all’epoca della trasparenza radicale. Oggi il rock, pur senza scontentare nessuno, si ascolta seduti, non si poga, non si fuma e al posto degli accendini si accendono i telefonini. Sulle dolci note di: Ragazza che limoni sola, il palazzetto si accende delle luci dei flash degli smartphone, un segno del cambiamento dei tempi che gli Elii hanno attraversato, toccando diverse generazioni.  Arrivedorci a Sanremo. Grazie dei fior ma anche: «grazie di tutto il pesce». I delfini che giocavano nel mare con i tonni, abbandonano la terra avviata all’autodistruzione. Gli Elio, dopo aver tentato di salvarci dalla musica regressive e abituarci alla musica difficile, si sciolgono come i poli, forse per le conseguenze del clima culturale italiano che segnalano come mancante in educazione, ricordando che se la musica non viene insegnata nelle scuole, difficilmente avremo nuovi musicisti.

Ci dispiace e ci mancherete. L’affetto del pubblico dimostra che non era poi troppo tardi per morire giovani. La scomparsa rappresenta senza dubbio un impoverimento della scena “del musicale” italiana e possiamo già cominciare a
in/citarvi a tornare assieme: rivogliamo i vostri calembour, rivogliamo i vostri prot, temiamo non ritornino giammai. Gli Elii ci hanno dato una grossa mano a sdrammatizzare e persino a capire il nostro tempo, ad esempio commentando in
musica l’attualità politica in Tv a: Parla con me o sottolineando i cambiamenti della distribuzione musicale producendo cd brulé in diretta a fine concerti. E fine concerto vengono suonate le due canzoni arrivate seconde a Sanremo: La terra dei cachi e Canzone mononota, e ahinoi nessuno ricorda la canzoni arrivate prime. Aspettiamo di ascoltare la canzone per Sanremo: Arrivedorci, saluto e non addio, del duo comico Stanio e Ollio. Del resto, a proposito di citazioni, Stan Laurel riappare nella parodia di Osvaldo Soriano: Triste solitario y final dove riprende Il lungo addio di Raymond Chandler e usa una frase di Philip Marlow: «Arrivederci amico, non le dico addio. Gliel’ho detto quando aveva un senso». Questo senso c’è stato. Nelle parole del cantante Stefano Belisari: «è valsa la pena fondare un gruppo per fare una serata come questa».