I ministri dell’economia e delle finanze europei – riunitisi il 20 e 21 giugno scorsi a Lussemburgo per l’Eurogruppo e il Consiglio Ecofin – hanno chiarito che le condizioni definite tre mesi fa per il salvataggio della Repubblica di Cipro non potranno essere modificate a breve termine. Alla vigilia dell’Eurogruppo, il Financial Times e altri organi d’informazione internazionali, avevano riportato alcuni passaggi della lettera inviata alla troika dal presidente Nikos Anastasiadis.

I contenuti del documento, non comunicati ufficialmente, sono stati divulgati in modo confidenziale da alcuni funzionari europei. Secondo le ricostruzioni, Anastasiadis avrebbe espresso chiare riserve sul piano di salvataggio, cogliendo l’assenza di un’adeguata previsione del suo impatto e, conseguentemente, della sua reale efficacia.

Il bail-in, ratificato dal parlamento greco-cipriota alla fine di aprile, ha previsto innanzitutto la liquidazione della Banca Popolare e il trasferimento di una parte dei suoi titoli alla Banca di Cipro, a sua volta destinata alla ristrutturazione. In cambio di azioni (equity) della nuova Banca di Cipro, forti prelievi sono stati imposti sui depositi oltre i 100 mila euro. Il taglio applicato fino ad oggi è stato pari al 37,5%, ma si prevede che possa raggiungere il 60%. Oltre che a prelievo forzoso, i depositi non assicurati sono stati sottoposti (e in alcuni casi sono ancora soggetti) a congelamento o a restrizioni dei limiti di prelievo. Infine, il bail-in ha trasferito sulla Banca di Cipro il debito (9,5 miliardi di euro) contratto dalla Banca Popolare con la Bce attraverso la fornitura di liquidità d’emergenza (Ela). Alcuni opinionisti hanno giudicato vessatoria tale misura, poiché il futuro dell’intera economia greco-cipriota sarà legato proprio alla ristrutturazione della Banca di Cipro. Non è sfuggito ai commentatori il carattere persino paradossale di tale condizione: la liquidità d’emergenza che la troika ha giudicato necessaria per il salvataggio si traduce ora in un ulteriore peso per la Banca di Cipro, già gravata da problemi di liquidità. Per ottenere Ela dalla Banca Centrale Europea, la Banca di Cipro deve fornire in garanzia asset scontati del 65%: ciò significa che per ottenere 10 euro dalla Bce, la Banca di Cipro deve offrire asset pari almeno a 30 euro. Se le condizioni attuali che vedono correntisti preoccupati e, per la banca, possibilità di ottenere prestiti dalla Bce solo con il meccanismo della liquidità d’emergenza dovessero rimanere immutate, la Banca di Cipro potrebbe esaurire le proprie risorse e fallire.

Per far fronte alla crisi. l’istituto ha già raggiunto un accordo con i propri impiegati per la riduzione dei salari fino al 30%; il prossimo obiettivo sarà un piano di pensionamento volontario dei dipendenti. Secondo le previsioni della dirigenza, ciò potrebbe ridurre la forza lavoro della Banca di Cipro di 2000-2500 unità entro dicembre.
In questo quadro, l’Eurogruppo ha ribadito che i termini del piano di salvataggio, definiti a marzo nel Memorandum, non potranno essere modificati, almeno nel breve periodo. I ministri dell’economia e delle finanze, infatti, hanno precisato che al momento non esiste una strategia alternativa e che l’obiettivo comune della troika e della Repubblica di Cipro deve essere «l’implementazione coerente del programma, senza ulteriori ritardi».

Queste ultime parole individuano implicitamente una responsabilità del precedente governo greco-cipriota. I primi segni di crisi infatti risalgono all’estate 2011; alla fine dello stesso anno l’Ue ha sollecitato l’avvio di un piano di risanamento. Il governo greco-cipriota ha ufficialmente richiesto l’intervento della troika solo sei mesi dopo (giugno 2012), raggiungendo un accordo definitivo solo dopo ulteriori nove mesi (marzo 2013). La lentezza dei tempi di reazione e della conduzione dei negoziati con l’Ue e il Fmi – evidente attraverso il confronto con altri paesi europei sottoposti a piani di salvataggio – ha aggravato le condizioni su cui intervenire. L’unico segnale di apertura dell’Eurogruppo alle riserve sul bail-in del presidente Anastasiadis è emerso in relazione alla possibilità di apportare alcune variazioni al programma nel medio periodo, come accaduto in Grecia.

Questa chiusura diplomatica ha spinto il governo greco-cipriota sulla difensiva. Il suo portavoce, Christos Stylianides ha dichiarato che Nicosia non ha richiesto alcun cambiamento ma ha evidenziato la necessità di risolvere «alcuni problemi pratici» emersi nella sua implementazione.

Le parole di Anastasiadis, ha continuato il portavoce del governo, devono essere intese non come un tentativo di ritrattazione del Memorandum d’intesa con la troika, ma quale segno di preoccupazione per le sorti del sistema bancario locale, legato alla ristrutturazione della Banca di Cipro. I controlli sui capitali e i problemi di liquidità del principale istituto bancario limitano inevitabilmente le opportunità imprenditoriali e finanziarie greco-cipriote. Le restrizioni sui capitali potrebbero essere eliminate se la Bce assumesse una chiara posizione a sostegno della Repubblica di Cipro. Tuttavia, come notato da alcuni addetti ai lavori, da Francoforte Mario Draghi si è detto pronto a fare qualunque cosa serva per salvare l’euro ma non ha assunto alcun impegno verso Nicosia.

La Bce potrebbe considerare almeno quattro opzioni per intervenire sui problemi di liquidità della Banca di Cipro. Innanzitutto, potrebbe convertire in asset il debito legato alla liquidità d’emergenza fornita dalla Bce, rendendo in tal modo la Bce il maggior proprietario nella Repubblica di Cipro. In alternativa, la Banca Centrale potrebbe trasformare il debito e permettere alla Banca di Cipro di ricevere prestiti come ogni altro istituto europeo. La terza opzione consisterebbe nell’accettazione di un bond equivalente al debito della Banca di Cipro, soluzione respinta dalla Germania. Un’ulteriore alternativa, seguendo l’esempio irlandese, potrebbe essere l’emissione di cambiali da parte del governo; tuttavia, ciò violerebbe i criteri del Fmi sul rapporto fra debito pubblico e Pil.

Al di là delle potenziali vie d’uscita dai problemi di liquidità della Banca di Cipro, è quasi certo che il presidente Anastasiadis e il governo greco-cipriota fossero coscienti, prima d’inviare la lettera alla troika, della non negoziabilità, almeno nel breve periodo, delle condizioni definite dal Memorandum. È quindi probabile che la lettera risponda a esigenze di politica interna, in particolare alla volontà di non essere percepiti dall’opinione pubblica come passivi esecutori delle ricette imposte da Ue e Fmi, ratificate dal parlamento.

Il governo potrebbe aver inteso ricordare alla troika che il piano di salvataggio di due banche fondamentali per il sistema greco-cipriota è stato definito proprio da Ue e Fmi, pertanto dovrebbero concedere loro, e per estensione all’intera economia greco-cipriota, l’opportunità di sopravvivere. Tuttavia l’indebitamento prodotto dalla liquidità d’emergenza e l’impossibilità di ottenere prestiti dalla Bce come ogni altra banca europea sembrano operare esattamente in modo contrario sull’economia della Repubblica di Cipro.

Un orientamento simile può essere colto nelle recenti dichiarazioni del presidente Anastasiadis, durante l’incontro annuale di un’associazione di commercialisti. Nella sua discussione di alcune agevolazioni fiscali per gli imprenditori, legate fra l’altro all’assunzione di personale e agli investimenti in innovazione, ricerca ed energie rinnovabili, gli interlocutori dell’Ue e del Fmi potrebbero aver colto un tentativo del governo greco-cipriota di limitare l’implementazione del Memorandum, restituendo alle imprese ciò che esse hanno perso a causa dell’aumento dell’imposta sulle società. Se gli annunciati sgravi fiscali non rappresentano necessariamente un commento implicito sull’inadeguatezza del programma della troika, tuttavia in essi si può cogliere, come nella lettera inviata all’Eurogruppo, una divergenza dal pragmatico sostegno che Anastasiadis ha inizialmente accordato al piano di salvataggio, presentato all’opinione pubblica greco-cipriota come terapia dolorosa ma inevitabile.
*Osservatorio Balcani Caucaso