Ebrei per la Germania: la foglia di fico di Alternative für Deutschland per nascondere il proprio antisemitismo e alimentare l’islamofobia. Una notizia «incredibile» per la comunità ebraica scioccata dall’endorsement di chi «non può definirsi popolo ebraico e condividere il loro progetto». Quanto la prova che il messaggio dei fascio-populisti, ormai al secondo posto nei sondaggi nazionali, ha oltrepassato il recinto di politica e storia ma non certo della logica.

Ieri, sventolando la bandiera dell’amicizia con Israele come suggerito dagli spin-doctor che avevano organizzato l’ultima campagna elettorale di Nethanyau; oggi, con la presentazione degli Juden für Deutschland pronti a entrare ufficialmente nelle fila di Afd a Offenbach, in Assia, il prossimo 7 ottobre.

Neppure 25 persone decise a «contrastare l’odio contro gli ebrei in Germania»: quanto basta a fornire l’alibi “a posteriori” ai dirigenti di Afd che hanno negato pubblicamente l’Olocausto, come il leader della Turingia, minimizzando i crimini del Terzo Reich.

«Non si dovrebbe mettere il timbro kosher su Afd» è la metafora politica di Maram Stern del Congresso mondiale ebraico, con Michael Friedmann, ex vicepresidente del Zentralrat degli ebrei di Berlino che ammonisce di non aiutare «un partito che sfida l’umanità, cui nessuno dovrebbe unirsi, tantomeno se ebreo».

Nonostante la propaganda, in Germania Afd tollera l’antisemitismo che permette di catturare i voti dei nostalgici che fino a ieri orbitavano nell’area dichiaratamente neonazista, mentre all’estero il partito si è dimostrato connesso allo zoccolo duro della destra israeliana che immagina il medesimo Occidente inteso come Abendland. L’islam, più ancora dell’Ue o la moneta unica, rimane la priorità politica di Afd che si oppone alla Groko social-democristiana «immigrazionista» perfino con il “falco” Horst Seehofer.

A sentire Elio Adler dell’associazione “Iniziativa dei Valori” «Afd intende utilizzare gli ebrei per nascondere il proprio razzismo. La presunta amicizia con Israele e il popolo ebraico serve, in realtà, a legittimare la politica contro i musulmani». Non certo alla causa della memoria come dimostrano i sopravvissuti all’Olocausto ospiti al Bundestag: «Se in una città tedesca si può ancora ascoltare lo slogan: “Chi ama la Germania è un antisemita”, allora è pericoloso» sottolinea Christoph Heubner, presidente del Comitato degli ex di Auschwitz, ricordando i cori nella marcia dell’ultra-destra a Dortmund lo scorso fine settimana.

Ma Afd rivendica l’istituzione della propria “comunità” ebraica. «Dopo le associazioni di cristiani e omosessuali, anche i membri ebrei ci hanno chiesto di fare il passo» spiegano senza imbarazzo alla segreteria nazionale. «Afd è l’unico partito che affronta la questione dell’odio dei musulmani nei confronti degli ebrei senza sminuire il problema» aggiunge Dimitri Schulz, tra i fondatori degli Juden für Deutschland. Secondo lui «la vita ebraica in Germania è in pericolo, e non c’è alcuna contraddizione tra essere ebreo e contemporaneamente membro di Afd. Non neghiamo che nel partito ci siano singoli antisemiti, ma sono sovrastimati dai media».

Tentativo goffo, ma per niente naif; per comprendere a fondo la chiave dell’iniziativa di Alternative für Deutschland basterà registrare il riassunto scandito dal palco di Offenbach il 7 ottobre. Dalla leader europea di Afd, Beatrix von Storch, e a sentire Schulz anche dall’ex deputata Cdu Erika Steinbach: due politiche navigate che ben conoscono la strategia da impostare alla vigilia delle elezioni in Baviera fissate, esattamente, 7 giorni più tardi.