Genera 296 tonnellate di CO2 in un anno, pari alle emissioni di un’auto che percorre 822mila chilometri. È la carbon footprint di un ristorante che propone un menù molto comune, basato principalmente su carne e latticini (le filiere più impattanti sul clima) e che acquista da fornitori convenzionali o industriali. A certificare questi dati è lo studio condotto da Indaco2, società di consulenza composta da esperti in sostenibilità e comunicazione ambientale, che ha messo a confronto l’impatto del ristorante Les Résistants, nel quartiere République di Parigi, che lavora in sintonia con la filosofia Slow Food, con un ipotetico locale che propone un menù identico ma operando scelte di acquisto convenzionali.

«Con questa ricerca, una delle pochissime esistenti in letteratura sul tema, Slow Food ha voluto mettere in evidenza il cruciale ruolo che oggi possono avere i cuochi nell’attuale crisi climatica, sensibilizzando gli avventori attraverso l’esperienza diretta, facendo loro gustare un piatto che non pesa sull’ambiente e che ripaga il lavoro di chi ne ha prodotto gli ingredienti. Le cuoche e i cuochi in ogni angolo del mondo hanno l’occasione quotidiana di spiegare concretamente attraverso la loro cucina che piccole scelte possono portare a grandi mutamenti» sottolinea Alessandra Virno, responsabile dell’Alleanza Slow Food dei Cuochi.

Ma torniamo ai dati. Les Résistants sceglie materie prime prodotte secondo pratiche agricole e zootecniche virtuose, organizzando la logistica dell’approvvigionamento con efficienza, ha una politica di riduzione dello spreco e di attenzione all’uso dell’energia. La sua carbon footprint è di 67,34 tonnellate di CO2 equivalente all’anno, pari a 187.064 chilometri percorsi da un’auto. «Il confronto con un ristorante che propone un menù diverso da quello de Les Résistants, più ricco di piatti a base di carne e latticini e che non presta attenzione a evitare sprechi in cucina e in sala è davvero schiacciante: per il locale parigino abbiamo calcolato un impatto minore di 4,5 volte! Invece, nel confronto con il ristorante che propone lo stesso menù, l‘impatto di chi opera scelte di acquisto sostenibili è inferiore del 50% rispetto a quello di chi fa ristorazione rifornendosi da fornitori convenzionali: 134 t di CO2 equivalente pari a 373 mila chilometri all’anno percorsi da un’auto» spiegano Elena Neri e Riccardo Pulselli, di Indaco2.

«Si tratta di uno studio che fa riflettere, ma soprattutto rappresenta una fonte di informazioni e di ispirazione per chi gestisce attività di ristorazione in modo consapevole – continua Virno -. Abbiamo scelto di presentarlo in Italia a oltre cento cuochi della rete Slow Food perché chi aderisce al progetto dell’Alleanza infatti si impegna ogni giorno per tutelare la biodiversità, sostenendo i piccoli produttori del proprio territorio, ed è già propenso a dare il proprio contributo nella lotta contro i cambiamenti climatici». La ricerca è condivisa con tutti gli esponenti della rete dell’Alleanza Slow Food dei Cuochi che nel mondo conta 1100 cuochi in 25 Paesi.

Ma quali sono nel dettaglio le buone pratiche riscontrate da Indaco2 nella gestione de Les Résistants? La sostenibilità è molto condizionata dalla selezione delle materie prime prodotte secondo pratiche agricole e zootecniche virtuose: un elemento molto più importante nel determinare l’impatto ambientale che non le distanze percorse dai singoli prodotti acquistati. I concetti di filiera corta e agricoltura di prossimità, soprattutto nel contesto delle grandi città, hanno infatti una valenza relativa. La dimensione nazionale delle forniture nel caso del ristorante parigino è ottimale anche in virtù di una buona organizzazione logistica. Anche la politica di zero-spreco incide fortemente nel limitare l’impatto ambientale.

Ma ci sono anche alcuni aspetti sui quali Les Résistants potrebbe lavorare per ridurre ulteriormente l’impatto. I consumi di energia elettrica e gas, anche se incidono minimamente sull’impatto complessivo dell’attività, sono tuttavia elevati. Se si utilizzassero fonti di energia pulita e piastre a induzione, ad esempio, si potrebbero risparmiare ancora 3 t di CO2 equivalente all’anno, corrispondenti alle emissioni di un’auto che percorre circa 9000 chilometri.