Gli autobus di linea non verranno più prodotti nell’avellinese. Ieri mattina nell’incontro tra le Rsu e la Fiat si è forse messa la parola fine alla vertenza che tiene con il fiato sospeso 412 dipendenti. Almeno questa sarebbe (e lo è sempre stata) la posizione dell’azienda che ha aperto le procedure di messa in mobilità per tutti gli operai e che saranno operative a partire dal primo gennaio 2014.

E’ una lunga storia quella dello stabilimento di Flumeri che ha chiuso i cancelli già da oltre due anni, nel luglio del 2011. A vederla da fuori la fabbrica vuota, sembra un vascello fantasma tra i monti dell’Irpinia. Eppure qui si produceva e anche tanto. Dalla Valle Ufita si sfornavano infatti gli unici pullman di linea urbani ed extraurbani del paese. Si penserà subito che sia stata la crisi ad attanagliare ogni settore, ma non è così. Solo nei comuni italiani ci sarebbero commesse per almeno 20mila autovetture che dovrebbero rinnovare il parco mezzi. Eppure la casa torinese vuole chiudere. Vecchia storia quella di produrre all’estero, oppure di comprare direttamente dalla Cina quello che non deve creare occupazione qui da noi.

Così ieri l’azienda ha comunicato ciò che nessuno voleva sentirsi dire: «Non risultano manifestazioni d’interesse per rilevare lo stabilimento». Alla Fiat le linee nell’avellinese non interessano più e ha tentato di venderle, senza grossi risultati. Ora l’unica flebile speranza per questi metalmeccanici resta solo il tavolo previsto al Mise (ministero dello sviluppo) il prossimo 14 ottobre, quando si dovrà discutere del possibile terzo anno di cassa integrazione in scadenza all’inizio del gennaio prossimo. Senza il rinnovo degli ammortizzatori sociali infatti è chiaro che gli oltre 400 dipendenti allargherebbero le fila della disoccupazione e si metterebbe una pietra sopra la possibile riapertura dello stabilimento.

«Quanto ci è stato detto è l’epilogo annunciato di come è stata gestita l’intera vicenda», ha detto Dario Mennino, Rsa Fiom e componente del consiglio di fabbrica, visibilmente provato dopo l’incontro a porte chiuse con i vertici aziendali. «Ora abbiamo 75 giorni per trovare una soluzione che stiamo inseguendo da anni, Noi chiediamo la creazione del Polo unico per il Trasporto pubblico locale insieme alla BredaMenarinibus per il progetto di revamping (rinnovo, ndr) in Campania e chiediamo che si mobiliti anche il parlamento».

Solo lo scorso 26 settembre alla camera era stata approvata una mozione proprio per rinnovare il Tpl e favorire la produzione in Italia attraverso la collaborazione tra Irisbus e Ansaldo-Breda. Ma perché non si insiste a chiedere alla Fiat di restare? «Basta ricordare che l’Irisbus negli anni ha usufruito di almeno 34 milioni di euro di investimenti pubblici», ricordano gli operai. Non solo. Sempre nell’incontro di ieri è stato stabilito il trasferimento di tre dipendenti due a Jesi e uno a Lecce, che comunque andranno a lavorare in stabilimenti con vocazione diversa. La Fiat aveva, infatti, fin dall’inizio espresso la disponibilità a reimpiegare gli operai in altri settori. Ovviamente, con tutto ciò che comporta il trasferimento di persone nate e cresciute in Irpinia, questi spostamenti stanno avvenendo con il contagocce.