Tutta colpa dell’imam. La previsibile linea difensiva dei quattro terroristi sopravvissuti passa per gettare la croce addosso all’imam quarantenne, Abdelbaki Es Satty, morto per l’esplosione dell’ormai famoso chalet nella località sudcatalana di Alcanar.

Ieri Driss Oukabir, Mohamed Houli Chemlal, Mohamed Aalla e Salh el Karib erano già tutti a Madrid davanti ai giudici dell’Audiencia Nacional, che ha la competenza per i reati di terrorismo.

SEMBRA CHE I QUATTRO abbiano confermato la responsabilità di quello che già da giorni gli inquirenti considerano il cervello della cellula terrorista, l’imam arrivato a Ripoll (nord della Catalogna) solo nel 2015 e che in poco tempo sarebbe riuscito a fare il lavaggio del cervello a ragazzi altrimenti apparentemente ben integrati. T

anto che ieri un’assistente sociale che li conosceva direttamente, in controtendenza con la maggior parte dei commenti di questi giorni, si diceva distrutta dal dolore perché proprio quei ragazzi, l’esempio – pensava – del successo dell’integrazione, che sembrava non avrebbero fatto male a una mosca, siano finiti così. «Che vi è successo? In che abbiamo sbagliato?», si chiedeva in una commossa intervista sul País.

I giudici per ora hanno confermato la prigione preventiva per due di loro, Driss Oukabir e Mohamed Houli Chemlal, mentre per gli altri 2 è stata decisa la libertà vigilata.

Oukabir, cambiando versione, ha ammesso di essere stato lui ad affittare i furgoni (e non era stato il fratello minore a rubargli i documenti, come sostenuto al principio). Ma pensava, dice, fossero per un trasloco.

Houli, l’unico sopravvissuto dell’esplosione di Alcanar, e che ha fornito molti dati nelle prime fasi delle indagini, ha ammesso che l’imam voleva immolarsi in un attentatoalla Sagrada Familia e «altri monumenti».

GLI ALTRI DUE a dichiarare, ma solo per mezz’ora, sono stati Aalla, proprietario dall’Audi che cappottò a Cambrils poco prima del secondo attentato (in cui, fra i cinque terroristi, morì suo fratello) e El Karib, proprietario dell’internet cafe dove Oukabir comprò un biglietto per il Marocco.

Già, perché alcuni dei terroristi hanno viaggiato molto negli ultimi tempi: l’iman era stato in Belgio, in una città nota per il radicalismo della comunità islamica; l’Audi di Aalla era stata fotografata dai radar in Francia la settimana prima degli attentati; il fratello di Aalla morto ad Alcanar (erano tre fratelli) sarebbe stato a Zurigo a dicembre.

Le indagini sono aperte per capire se esistono legami internazionali. Intanto, due persone legate ai terroristi (tra cui un cugino di Oukabir) sono state arrestate in Marocco.

Un altro tema che le indagini devono chiarire è se Abouyaaqoub, il conducente del furgone delle Ramblas ucciso lunedì dai Mossos a Subirats, abbia ricevuto aiuti logistici. Si era cambiato d’abiti e pare stesse cercando qualcuno a Subirats (chi ha chiamato i Mossos l’aveva sentito fischiare per contattare qualcuno).

PASSATA LA TREGUA per lutto, intanto, le polemiche cominciano. Da un lato, contro l’amministrazione Colau. Secondo le accuse che lancia la destra, non avrebbe protetto i barcellonesi non collocando barriere.

Ieri Barcelona en comú ha reso pubblico il documento in cui il ministero degli interni consigliava, per Natale e in maniera temporanea, di collocare protezioni in alcune delle zone di maggiore passaggio dopo gli attentati di Berlino.

A OGNI BUON CONTO, Colau ha convocato per oggi una giunta di sicurezza cittadina con delegati delle forze dell’ordine, del governo spagnolo e di quello catalano.

D’altra parte, due sindacati di polizia hanno già denunciato di essere stati «isolati» dai Mossos nelle indagini sull’esplosione di Alcanar, proprio mentre il governo catalano faceva vanto dell’efficacia della propria polizia col chiaro obiettivo politico di rilanciare la Catalogna sul piano internazionale.

Passata la tregua, presumibilmente dopo la grande manifestazione di sabato contro il terrorismo (a cui anche gli indipendentisti assemblearisti della CUP alla fine parteciperanno), riprenderà la guerra fra Madrid e Barcellona. Pende un referendum indipendentista l’1 ottobre.