Michael Noble è un soldato scozzese che nel 1944 arriva in Italia come ufficiale del Psycological Warfare Branch (con un «doppio incarico» come spia). Ha una vita sfaccettata: contribuisce, con Afeltra e Buzzati, al ritorno in edicola del Corriere della sera nel 1945. Nel 1956 sposa Ida Borletti. L’anno dopo, nell’ospedale psichiatrico di san Giacomo della Tomba presso Verona, dà vita a un atelier per malati mentali e tra di loro «scopre» Carlo Zinelli, oggi forse uno dei più noti artisti «irregolari», che si trova lì con una diagnosi di schizofrenia.
La storia degli atelier, dagli asili manicomiali ottocenteschi ai primissimi laboratori del secondo dopoguerra, a quelli seguiti alla riforma Basaglia negli anni ’70, dà un senso al titolo-ossimoro, Memoria futura, del IV Festival dell’outsider art e dell’arte irregolare che si terrà proprio a Verona dal 4 al 6 ottobre, promosso dal Nuovo Comitato Nobel per Disabili, nato nel 1998 a seguito della decisione di Dario Fo di destinare l’importo del premio Nobel per la letteratura a persone con disabilità.

[object Object]

MOSTRE E NON SOLO
Un approdo che sembra naturale (le prime tre edizioni sono state tenute in località santa Cristina presso Gubbio, alla Libera università Alcatraz, fondata da Jacopo Fo), visto lo stretto legame tra Verona e il MusALab Franca Rame Dario Fo, ospitato dal 2016 dall’Archivio di Stato della città scaligera, dove è attivo uno dei poli più importanti per lo studio e la diffusione della cosiddetta «Arte outsider»: il Lao (Laboratorio artisti outsider) promosso da Daniela Rosi, che presso l’accademia di Verona ha anche dato avvio, nel 2002, all’Osservatorio nazionale di outsider art. E sarà Eva Di Stefano, che dirige un altro importante Osservatorio, quello di Palermo, a moderare il convegno che dà il titolo alla rassegna.
Oltre all’Accademia di belle arti, diverse istituzioni veronesi mettono a disposizione gli spazi: a parte i luoghi delle mostre con le opere di quindici artisti (ex-Dogana di terra e Spazio arte Pisanello, presso la chiesa di san Fermo Maggiore), il teatro Satiro off, per La Compagnia instabile di Palermo e per l’antropologo Gabriele Mina, il palazzo della Gran Guardia, con la proiezione del film-documentario di Paolo Boriani sull’artista siciliano Salvatore Accolla e, naturalmente, l’archivio di Stato, che organizzerà visite guidate durante le giornate del festival. Un festival diffuso e di grande interesse non tanto e non solo per le opere esposte ma per il panorama magmaticamente creativo che si muove intorno all’arte «irregolare».
Coordinato da curatori e studiosi infaticabili, certo (oltre a Rosi e Di Stefano, Riccardo Bargellini, Giorgio Bedoni, Rossella Fallacara e Tea Taramino) ma reso possibile anche dalla generosità dei tanti professionisti, docenti e studenti che, nella cronica mancanza di fondi che affligge qualsiasi iniziativa culturale che non sia mainstream o votata all’incasso, daranno il loro contributo a titolo gratuito: Enzo Gentile e le sue proiezioni multimediali, gli attori Gloriana e Francesco Ferlini, il gruppo teatrale La Compagnia di Ilse, il fotografo Marco Ambrosi e molti altri.

[object Object]

DALLA CURA AL DISEGNO
Un regalo per tutti i partecipanti sarà il concerto conclusivo del maestro Andrea Dindo: i Canti del Mattino di Schumann eseguiti su un pianoforte Borgato (quello straordinario pianoforte fatto completamente a mano con circa 1600 ore di lavoro).
Molti degli artisti provengono dagli atelier nati presso i luoghi di cura (a Firenze, Livorno, Torino, Cremona) a dimostrazione del fatto che la creatività libera può far emergere una potenzialità espressiva fertile e pressoché infinita in persone anche prive di una specifica formazione artistica.
Ma l’impatto che la storia degli atelier (ogni atelier ne ha una, complessa, diversificata) può avere con la storia delle persone che arrivano oggi in questi luoghi e il dialogo con il mondo del mercato, che metabolizza tutto ciò che può essere fonte di guadagno (pure se fuori dal «mondo dell’arte»), sono fattori che possono influenzare le scelte e la creatività libera. Il rischio è dietro l’angolo: per gli operatori è quello di «pilotare» piuttosto che essere «garanti di transiti».
È uno dei due nodi. L’altro è quello della definizione di questa produzione (arte brut, outsider, singulier, marginale, irregolare). Molte domande sono destinate a rimanere aperte: è più importante l’opera oppure la vita per definire un artista «outsider»? Ha ancora un senso distinguere tra un’opera d’arte prodotta da un malato neurologico e una realizzata da una persona sana? Perché non basta essere un malato di mente per essere un artista.
Franco Bellucci, nato a Livorno nel 1945, ricoverato nell’ospedale psichiatrico di Volterra per una lesione cerebrale, passa nel 1998 al Centro Basaglia di Livorno ed entra nell’Atelier Blu Cammello condotto da Riccardo Bargellini. Si esprime con dei ready-made costituiti da spiazzanti assemblaggi di pezzi di giocattoli infantili.
Dal Blu Cammello proviene anche Manuela Sagona, classe 1977. I suoi disegni hanno un tratto distintivo di forte deformazione dell’immagine, mentre in alcune opere fa uso esclusivo di un font outline da lei inventato, apprezzato e utilizzato nell’editoria e nella pubblicità.
Germana Dragna (1954), palermitana, lavora come bidella. Da una piccola macchia di inchiostro colata da una foglia o da una piuma, procede in modo semi-automatico alla creazione di un microcosmo di oggetti ed esseri brulicanti e irrequieti. Umberto Gervasi, classe 1965, anche lui siciliano, da giovanissimo si trasferisce al nord: fa l’operaio e la sua vocazione artistica (pittore e scultore in terracotta) nasce proprio in fabbrica, assieme alla consapevolezza che «il mondo è grande e bello ma anche molto offeso». È sua l’immagine del flyer del festival.

L’INESPRIMIBILE
Alessandro Monfrini, il più giovane (1980), usa le bombolette spray a togliere evidenza di figura a immagini dapprima eseguite in modo realistico, una sorta di restituzione al caos primordiale. E poi, nello spazio arte Pisanello, la stupefacente interpretazione di Carmelo Morreale (1943) dell’autoritratto di Leonardo da Vinci (alla biblioteca reale di Torino). Da circa quarant’anni Morreale, attualmente in struttura assistenziale, esegue il suo «Lionardo», in un turbine di segni, a biro o a pastello. «Ossessione e terapia» come è stato definito.
Antonio Della Valle, classe 1939, trentino, quarant’anni passati in ospedale dove, per un accordo con il personale sanitario, comunicava solo per iscritto: nel suo processo creativo la scrittura ha una grande parte, tanto che l’artista era presente alla bella mostra mantovana del 2016, Arte altra letteratura. Sequenze della stessa parola intellegibile e ossessivamente ripetuta, oppure sequenze prive di senso, ovvero significanti l’inesprimibile.
Inoltre: Cosimo Cavallo, Guido Boni e Giovanni Galli, Giuseppe Iacopetta, Mauro Gottardo, Maria Orecchioni, Riccardo Sivieri … Autori di opere che sfidano la «cantilena diafana e monocorde» della critica convenzionale (Tosatti) per la loro irruenza e il loro scandalo e reclamano piuttosto, come si diceva un tempo e se fosse ancora possibile, una presa di coscienza collettiva di ciò che comunicano.