Il presidente degli Stati uniti Joe Biden deve affrontare anche il fronte interno: martedì in Michigan, dove aveva visitato la Ford di Deaborn, ha assistito a distanza alla protesta per l’inerzia americana verso quanto sta avvenendo in Israele e nei Territori Occupati. Bandiere palestinesi e cartelli con su scritto «Biden, basta finanziare il genocidio».

Il Michigan è Stato con alta presenza araba ed è stato tra i più contesi alle ultime elezioni. Il voto arabo-americano, salendo dal 65% del 2016 al 71% del 2020, ha permesso la vittoria di Biden e ora quegli elettori chiedono di essere ascoltati.

Anche per questo lunedì il consigliere di Biden, Cedric Richmond, ha incontrato i leader delle comunità arabe e palestinesi negli Stati uniti, mentre ieri nella quarta telefonata dall’inizio del conflitto, Biden ha detto al premier israeliano Benjamin Netanyahu di aspettarsi una «significativa riduzione dell’escalation» e, stando alla Casa bianca, di volere un «percorso verso il cessate il fuoco».

Finora gli Usa si sono comportati come un fedele alleato di Israele, opponendosi a una dichiarazione congiunta del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni unite sul conflitto, affermando che non aiuterebbe ad allentare la tensione.

La comunità arabo americana non sembra più disposta a credere a questa narrativa e l’unica deputata americana palestinese, Rashida Tlaib, ha affrontato il continuo sostegno finanziario e diplomatico Usa al governo israeliano, mentre il bilancio delle vittime civili palestinesi continua a salire.

«Gli Stati uniti non possono continuare a dare ogni anno miliardi al governo di destra di Netanyahu per commettere crimini contro i palestinesi», ha detto riferendosi ai 3,8 miliardi di dollari che il Congresso invia a Israele ogni anno. «Atrocità come i bombardamenti sulle scuole non possono essere tollerate, tanto meno condotte con armi fornite dagli Stati uniti».