Nuvole nere si addensano sulla nuova legge elettorale annunciata con squilli di fanfara e rullo di tamburi come la “riforma” che avrebbe assicurato una maggioranza di legislatura, di centro-sinistra o di centro-destra. Che l’Italicum susciti seri dubbi di legittimità costituzionale lo si sa ed è negato solo da chi dà una lettura minimalista della sentenza con la quale la Corte costituzionale ha azzoppato il Porcellum, ritenendo sufficienti la fissazione di una qualsiasi percentuale di voti per ottenere il premio di maggioranza e la conoscibilità dei candidati all’interno di liste brevi. Non è così.

L’entità del premio e la soglia del 37% dei voti sufficiente per ottenerlo comprimerebbero comunque in misura irragionevole la rappresentatività del Parlamento e l’eguaglianza del voto; inoltre le liste bloccate, per di più accoppiate alla distribuzione dei seggi su scala nazionale, non garantirebbero affatto la libertà del voto degli elettori. Ma negli ultimi giorni sta venendo alla luce il vizio di fondo dell’Italicum: l’idea che il sistema elettorale di per sé debba sancire la sera del voto la nascita del governo. Il che può verificarsi solo in sistemi autenticamente presidenziali, come negli Stati uniti, nei quali il corpo elettorale elegge il vertice dell’esecutivo, ma non in Francia, dove l’individuazione del futuro governo deriva da due elezioni distinte, quelle del Presidente e dell’Assemblea nazionale, e men che meno nelle forme di governo parlamentari, come dimostrano le ultime elezioni tenutesi nel Regno Unito (nel 2010) e in Germania (nel 2013) dalle quali sono scaturiti governi di coalizione sulla base di un accordo postelettorale tra due partiti.

Ebbene, gli ideatori dell’Italicum per garantire l’esito promesso hanno agito come gli apprendisti stregoni, facendo ricorso ad incantesimi che forzano la realtà con il rischio di produrre danni irreparabili. Infatti, pur essendo ferventi sostenitori di sistemi elettorali maggioritari, si sono ben guardati dal proporli in un contesto politico tripolare come quello uscito dal voto dell’anno scorso, rendendosi conto che neppure formule maggioritarie, all’inglese o alla francese, produrrebbero con certezza una maggioranza di governo la sera del voto. E allora hanno costruito un sistema mostruoso, inesistente nel mondo democratico, che è a base proporzionale, ma contiene una overdose di meccanismi ipermaggioritari antidemocratici (come la soglia di sbarramento dell’8% per le liste non coalizzate, che non ha eguali nelle migliori democrazie) e contraddittori (da un lato lo sbarramento che esclude i partiti anche di media consistenza, dall’altro il premio di maggioranza che rende indispensabili anche i voti dei partiti minuscoli e quindi promette nuove coalizione eterogenee, coattive e incapaci di governare).

Infine c’è la previsione, da vero dottor Stranamore dell’ingegneria elettorale, del ballottaggio di coalizione, anche questa una invenzione nostrana molto diversa dal maggioritario a doppio turno esistente per le elezioni parlamentari in Francia, dove il secondo turno, che si tiene solo se al primo nessun candidato ha ottenuto il 50% più uno dei voti e non è di ballottaggio perché sono ammessi non due candidati ma quelli che hanno raggiunto all’incirca il 20% dei voti, è stabilito per l’assegnazione del seggio in ogni collegio uninominale. È evidente l’intento degli ideatori dell’Italicum di imporre per legge un bipolarismo centro-sinistra/centro-destra che non esiste più nella realtà penalizzando gravemente il terzo polo. E ciò al prezzo di annullare la volontà di una parte consistente del corpo elettorale e di produrre un forte aumento dell’astensionismo al secondo turno.

Ma oggi i creativi ingegneri elettorali cascano dal pero e scoprono che, dato il progressivo calo di Forza Italia preannunciato dai sondaggi, al secondo turno potrebbe andare (e magari anche vincere le elezioni) il Movimento5Stelle. Eppure non ci voleva molto a valutare come possibile un esito del genere con tre poli distanziati tra di loro di pochi punti percentuali. Ed è una constatazione oggettiva che l’Italicum sia l’unico sistema, rispetto a tutti quelli praticati nelle democrazie, con il quale il M5S potenzialmente potrebbe aspirare a conquistare la maggioranza assoluta dei seggi.

Come nella Ballata di Goethe, e nella stupenda trasposizione cinematografica che ne ha fatto Walt Disney in “Fantasia”, l’incantesimo si ritorce contro l’apprendista stregone. E allora non resta che tornare alla realtà e alla razionalità, abbandonando premi mostruosi e soglie abnormi, per proporre un sistema proporzionale con correttivi ragionevoli, simile a quello tedesco. Infatti nel contesto politico italiano l’unica soluzione praticabile (e preferibile a tutti gli artifici ipermaggioritari) è che i partiti si presentino agli elettori con la loro identità e su un programma che si proponga di spostare a proprio favore il consenso popolare. Se poi nessuno riuscisse a conquistare la maggioranza dei seggi, si dovrebbe dare vita a governi di coalizione programmatici, che certamente sarebbero migliori dei governi tecnici e di quelli “di larga intesa” (l’ultimo dei quali a dar retta a Renzi dovrebbe durare fino al 2018!), che i meccanismi ipermaggioritari ci hanno regalato.