Esiste una storia basata sulla testimonianza orale che dà voce alle classi «subalterne»; ne è «maestro» Alessandro Portelli, considerato tra i fondatori di quella «storia orale» che ha i suoi riflessi anche nella musica d’oggi. L’album d’esordio del sassofonista trentaquattrenne Simone Alessandrini nasce da racconti e personaggi reali che il jazzista romano – agendo tra mito, realtà, leggenda e invenzione sonora – celebra in un album maturo, essenziale, fabulatorio. Cresciuto tra Frank Zappa, rock progressive ed Ornette Coleman, diplomato al conservatorio di Latina, nato a Roma e cresciuto a San Felice Circeo, Alessandrini ha una passione per i concept-album concretizzata nel suo primo cd.

Lo ha interamente composto, registrandolo con un dinamico e policromo quartetto in cui eccellono la tromba di Antonello Sorrentino, Riccardo Gola (contrabbasso, basso elettrico, effetti e progetto grafico), Riccardo Gambatesa (batteria) e Dan Kinzelman, ospite con le sue ance in tre degli otto brani. L’album si apre con un prologo bandistico di 40 secondi che sarà ripreso dal quintetto nel brano conclusivo, disegnando la cornice in cui si collocano le vicende di personaggi noti (il «resistente» Gobbo del Quarticciolo) e comuni (da Sor Vince’ a Cetto la Mitraglia) dentro l’Italia della II Guerra Mondiale. In un’epoca di rimozioni Simone Alessandrini propone con vivida freschezza «storie straordinarie di persone semplici» e i suoi «brani/personaggi» ben funzionano a livello sonoro.

È una musica essenziale, priva di strumenti armonici, giocata sull’intreccio tra due/tre fiati. Siano ritmicamente veloci e aggressive oppure lente e meditative, le composizioni evidenziano interplay maturo e solismi originali, con Sorrentino padrone di una grande gamma espressiva e Alessandrini capace – soprattutto al sax alto – di tessere un fraseggio che dalla coolness passa all’asprezza del funky e alla virulenza del free. Gli originali temi introducono uomini e donne, inganni e sabotaggi, amori e sopravvivenze di un’Italia lacerata dalla guerra mondiale, in una dimensione leggendaria ma non edulcorata che – nel suono e nella dinamica della musica – conserva l’energia e l’urgenza della vita vissuta e raccontata.