Le porte dell’ex scuola Amerigo Vespucci in via delle Acacie nel quartiere di Centocelle e quelle dell’ex scuola Herz in via Tuscolana sono state sfondate alle 6,30. Edifici occupati e rigenerati dal comitato popolare di lotta per la casa che a Roma sono conosciuti come le «occupazioni di Pinona», dal nome di Pina Valente, 54 anni, storica attivista dei movimenti romani. Contemporaneamente all’Angelo Mai Altrove, lo spazio polivalente di produzione musicale e artistica che sorge in uno spicchio del parco archeologico delle Terme di Caracalla, si sono presentati decine di blindati della polizia. La Digos ha sequestrato l’atelier nato dieci anni fa da un’altra occupazione, quella di un convitto omonimo al rione Monti da parte di centinaia di persone tra artisti e famiglie senza casa.

Oltre ai 40 indagati, i tre sgomberi, 100 persone con 20 bambini a Centocelle e 200 adulti e 50 bambini in via Tuscolana per strada, denudati di tutto, sono state effettuate anche 22 perquisizioni. Tra queste, c’è quella condotta a casa della regista, e attivista dell’Angelo Mai, Giorgina Pilozzi. Anche la casa dei suoi genitori è stata perquisita. Questo lo scenario di guerra che si presentava all’alba di ieri a Roma. Secondo il Gip Riccardo Amoroso, che ha dato seguito ad un’indagine del Pm Luca Tescaroli e dalla Digos, il Comitato e l’Angelo Mai farebbero parte di un «sodalizio criminale» a cui vengono addebitati reati come associazione a delinquere finalizzata alle occupazioni, estorsioni, minacce, violenza privata, furto di luce e elettricità. Alcuni sono accusati anche di occupazioni di edifici, compresa la Basilica di Santa Maria Maggiore.

Per l’Angelo Mai c’è l’accusa «esercizio ricettivo abusivo» per le attività del bar-osteria, dove lavora Pina Valente, già sequestrato in passato. Una misura che ha spinto gli attivisti dell’Angelo a rioccupare lo spazio assegnato dai precedenti sindaci Veltroni e Alemanno, con la richiesta fino ad oggi mai affrontata dal Comune di ripensare la delibera 26 sull’assegnazione degli spazi.

Secondo le indiscrezioni raccolte ieri nell’assemblea tenuta nel parco accanto all’Angelo, dove sorge una scuola in cui gli artisti lavorano in laboratori con i bambini, l’indagine sarebbe scattata dopo la denuncia da parte di un nucleo familiare in una delle occupazioni abitative. L’accusa è stata respinta dagli sgomberati di Centocelle.

«È stato un terremoto che si è abbattuto sulla pelle della gente – ha raccontato Flavia – Ci hanno trattato come delinquenti, si insinua che noi paghiamo soldi per stare lì. Qui nessuno obbliga nessuno a pagare. Siamo noi che, solo se ne abbiamo la possibilità, contribuiamo volontariamente ai servizi comuni del palazzo». «Occupare è illegale – hanno detto quelli della Tuscolana – lo so, ma che devo fare se le graduatorie sono infinite, meglio occupare un immobile in disuso cercando di fare lavori per migliorarlo. Salvare un tetraplegico o un disoccupatio significa essere deliquenti?».

Nelle occupazioni «c’è una quota di cento euro al mese che è una quota di autocostruzione – ha raccontato Pina Valente in una vibrante auto-narrazione sul sito culturale Doppiozero.com – C’è anche la logica di sussistenza perché facciamo gli orti per dare poi da mangiare a chi vive qui». Il movimento ha organizzato sportelli dove disoccupati e senza casa si mettono in lista, partecipano alle attività della comunità, infine trovano casa.

«Per non dare false speranze alla gente – continua Pina – occupiamo ogni due anni perché abbiamo bisogno di due anni di tempo per poter riadattare gli stabili. Io non amo avere tanti posti e non riuscire a gestirli». Pina ha iniziato uno sciopero della fame. «Se gli sgomberati non rientreranno nelle loro case – è stato detto ieri in assemblea – anche i maschi adulti lo faranno».

Gli edifici occupati sono stati però sigillati.

La storia dell’occupazione di via delle Acacie a Roma è stata raccontata in un audiodocumentario andato in onda su Radio Tre: Occupata il 22 maggio 2009 nel quartiere Centocelle a Roma da 47 famiglie, con cinquanta bambini, le aule di questa scuola elementare abbandonata sono state trasformate dagli occupanti italiani e stranieri, giovani, vecchi e bambini senza casa in piccoli appartamenti. La comunità si autogestisce attraverso criteri di equità, regole severe nella gestione degli spazi comuni, socialità e integrazione. Ci sono i laboratori per bambini.

“Ho iniziato le mie battaglie sul finire degli anni Settanta nell’ambito universitario romano. Subito dopo sono passata ai centri sociali – racconta Pinona – Dovevano essere l’alternativa per salvare i giovani. Per un periodo c’ho creduto, li ho costruiti insieme ad altre situazioni. Ci sono stata per anni, ma poi ho cominciato a pensare ad altre forme di lotta. Ho sentito il bisogno di occuparmi di un problema primario come quello della casa. Sono tornata nei centri sociali nel 2004 con l’Angelo Mai di cui faccio ancora parte”.

Nel suo racconto, «Pinona» tratteggia il carattere politico che ispira oggi i movimenti in cui vive. Come molti attivisti che vengono dalla storia dei movimenti, anche lei ha combattutto il Partito Comunista:

«L’ho fatto come se fosse la mia matrigna. Quando stai al potere sei come il potere. Quindi ne condividi le linee guida. E qualcuno mi dice “allora sei anarchica”. No! Manco per niente! Io non sono anarchica. “Viva la bella rivoluzione anarchica” per me non vuol dire niente, perché per me la rivoluzione è collettiva. Per me la rivoluzione è collettività ed è costruzione di un percorso”.

Tale percorso si richiama all’idea di solidarietà tra uguali:

“Perché pretendo nella mia follia di costruire dalla base (quindi con le future generazioni) una cultura diversa, una cultura della solidarietà, della socialità perché oggi questo posso fare. Tocca lavorare alle basi. Stiamo creando ancora le fondamenta. Per questo ritorno con la mente alla Resistenza: resistere in questo mondo, come in quello, non è facile”.

Contro quello che è stato definito un «teorema giudiziario» si è scagliata ieri Giorgina Pilozzi:

«Sono stata sequestrata all’alba dalla Digos e ho conosciuto le accuse alle tre del pomeriggio mentre ero tenuta in isolamento – racconta – È una follia totale, voglio capire chi è il mandante di questa operazione assurda e insensata. Un attacco così forte ai movimenti per la casa e a quello degli artisti indica che siamo sulla buona strada. Fare quello che non fanno le istituzioni oggi viene duramente punito. Non ci spaventeranno, continueremo».

Nel racconto sull’Angelo Mai che l’attivista svolse quando l’atelier è stato rioccupato nel 2012, emergono le ragioni di un’azione politica tormentata, ma che ha obiettivi chiari. Dopo lo sgombero dal monumentale convitto nel rione Monti nel 2006

“Per noi era fondamentale restare in centro. Non per essere trendy, ma per un percorso di senso preciso. Se adesso si gira per il centro di Roma è ancora più chiaro, ma già dieci anni fa era evidente che questa città veniva svuotata a tavolino. È forte il legame tra quello che noi cercavamo e la questione della lotta per la casa: a Roma la situazione è molto grave, ci sono migliaia di famiglie senza una sistemazione che avrebbero diritto a una casa popolare. Tutta la grandissima area del centro è sempre stata abitata da strati diversissimi fra loro, grazie al fatto che c’erano delle case popolari. Un bel giorno queste case sono state cartolarizzate, la gente è stata letteralmente buttata fuori città, in provincia. Il centro si è svuotato, Trastevere, rione Monti sono diventati quel che sono. Per noi il fatto di rimanere dentro il centro significava ribadire, soprattutto sotto il veltronismo, che questa città non è solo quella delle bellezze archeologiche, della Notte Bianca, dei grandi eventi, ma è anche un luogo dove ci si può ancora veramente incontrare. Chiaramente nella nostra lingua uno degli incontri possibili può avvenire attraverso l’arte. Su questo punto abbiamo tenuto duro”.

Anche l’Angelo Mai, come le occupazioni di Centocelle e della Tuscolana è stato completamente ricostruito dagli attivisti. Il comune gli consegnò un rudere dove l’Eternit spuntava ovunque. Oggi c’è un palco 
mobile, la sala polifunzionale, l’aria condizionata e la platea che sono costati oltre 60 mila 
euro. Per gli impianti elettrici a norma c’è stato un bagno di sangue:
altri 60 mila euro. Soldi ottenuti grazie all’auto-finanziamento degli spettacoli e al bar. La 
resurrezione dello spazio è stata progettata insieme all’architetto Romolo Ottaviani che veniva dall’esperienza di Stalker.
 In questo momento, tra le rivendicazioni degli «angeli» c’è la modifica della «delibera 26», l’atto con il quale 
Rutelli sancì nel 1995 l’assegnazione degli spazi a decine di centri
sociali romani. Una conquista storica, unica in Italia, ottenuta dopo
 una lunga stagione di conflitto.

«Negli anni – ha raccontato Giorgina Pilozzi– questa delibera ha manifestato sempre più le sue
 pecche. Ha regolarizzato gli spazi occupati obbligandoli a diventare
associazioni culturali, una forma giuridica inadeguata per esprimere
la particolarità di centri di produzione indipendente come il nostro. Il paradosso è che l’associazione culturale obbliga ad una serie di illegalità come gonfiare le voci di spesa. Quando invece produciamo uno spettacolo o un concerto siamo trattati come una discoteca o un “locale”: biglietti, siae. Sia nel caso dell’associazione culturale che in quello del locale c’è un tabù: i lavoratori dello spettacolo producono ma reddito, ma dire che lo producono è tabù. Ecco perchè ci obbligano a dichiarare il falso, ci impongono tasse per un’attività che non facciamo: noi non facciamo intrattenimento, noi produciamo cultura, musica, teatro e lo facciamo senza costare nulla ai contribuenti”.

Nel pomeriggio di ieri, dopo il tam tam in rete che ha coinvolto migliaia di persone in tutto il paese, e dopo le forti posizioni contro l’operazione di Sel (Gianluca Peciola, Marta Bonafoni, la dirigenza romana e nazionale), del movimento romano «Patrimonio comune» e del candidato alle europee per la lista Tsipras Sandro Medici, del Teatro Valle occupato e del centro sociale Scup, il sindaco di Roma Ignazio Marino e il vicesindaco Luigi Nieri hanno confermato di «non essere stati informati delle misure», chiedono «l’immediato dissequestro delle strutture» e si sono impegnati a trovare una soluzione per le famiglie sgomberate.

L’Angelo Mai è un «importante presidio culturale inserito nelle attività del territorio – scrivono Marino e Nieri – Siamo disponibili a trovare soluzioni condivise». Una presa di posizione a sostegno della coalizione sociale degli artisti e degli occupanti che denuncia l’emergenza abitativa. Il cantautore Pino Marino, ha spiegato l’importanza di un «consorzio umano dell’abitare insieme». Per loro questa è la base politica per produrre cultura indipendente in una città stritolata dall’austerity