So che lo provi anche tu, lo posso giurare senza conoscerti, anche se negheresti sotto tortura, tu che sei lì e quasi non respiri dalla sopraffazione, tu che con la coda dell’occhio non perdi un mio millimetrico spostamento, tu che hai paura di essere colto in flagrante ma non riesci a fare a meno di esporti, sei anche tu, insieme a me, finito di botto in questo gioco, non ho bisogno di conferme, lo so e basta. Eccola qui, davanti a noi, la posso vedere quasi fisicamente, una marea che ha la potenza di far saltare tutto… Di che hai paura? Di che ho paura? Di cosa abbiamo paura?

Del trasporto, della follia, della perdita del controllo. E pure del cambiamento, lo sconvolgimento dell’ordine prestabilito, il turbamento di rovesciare tutte le carte in tavola. Ma esistono slanci del genere nell’arco di una vita monogama. Succede. Succede attorno a noi. Succede vicino. Succede, forse, una sola volta o più d’una, pure a noi. E a quel punto che si fa? Cosa fa una donna quando sente questa spinta? Cosa fa la madre, la moglie, la complice compagna? Cosa fa un uomo? Come fa quadrare conti che non possono tornare? Con quale viso ricambia lo sguardo inequivocabile della bella sconosciuta? Come si sente il marito, il padre, colui che sorregge il peso della famiglia davanti a questo corpo che ha tatuato a fuoco «pericolo di morte»?

Una volta nella vita può accadere (come non accadere). Il richiamo può essere ascoltato (come no). Il segno può essere interpretato o lasciato cadere nell’oblio… Si può essere più a rischio a quarant’anni dopo dieci o più di vissuto di coppia sulla spalle, ma può accadere a venti, è possibile individuare i sintomi nelle pieghe del sorriso dei tipi più romantici o di quelli che hanno visto troppi telefilm negli anni Ottanta. A volte può sorprendere i cauti, i morigerati, coloro che stavano al lato del fiume a guardare la propria vita passare…

Durante un arco di tempo prolungato (che può andare da un anno ad un ventennio) è lecito provare desiderio per qualcuno fuori dallo stato di coppia? E se lo è (assecondando una natura umana pressoché comune a tutti) come rientra in un equilibrio amoroso che non venga leso dall’altro? Come si gestisce la vena ondivaga dell’amore?
(Si interrogano al riguardo l’ottima serie tv americana The affair e i due bellissimi capitoli The disappearance of Eleonor Rigby – Her – Him di Ned Benson). L’alfabeto delle spezie di Anita Nair, (Guanda narra di grandi passi della vita. Confronta l’assenza di complicazioni con l’ardimentosa incertezza delle scelte da compiere.

Lena è una giovane donna indiana contemporanea eppure sposa, come tradizione, senza amore. Suo marito KK non le ha mai suscitato smottamenti sentimentali profondi e per questo vive da quindici anni in uno stato di quiete del cuore. Shoola Pani per lavoro interpreta a Bollywood l’amore in ogni film di cassetta che gira ma quello che prova a prima vista davanti a Lena non l’ha mai vissuto. Non ci sono le condizioni per questo amore, non si può resistere a tale terremoto. I due si trovano, si attraggono, si annusano, si resistono e poi si amano. Il coraggio verrà premiato? Il destino riserva loro felicità o solo dolore lacrime e spargimento di sangue innocente? Questo non lo dico ma la mia massima stima va alla loro impavida scelta di non avere paura.

Quindi tu, tu che senti la passione scorrere elettrica sotto la pelle, tu che vedi davanti la pagina bianca tutta da scrivere e l’ultima frase dove mettere un punto, tu che non sai se cogliere la ninfea o gettare la spugna, lascia che ti dia un consiglio, fresco fresco, ghiacciato come una grattachecca di tamarindo e cocco sotto una notte stellata d’agosto in città, un consiglio chiaro, da amica: vai e vivi! Gli amori perduti non ritornano mai.

Fabianasargentini@alice.it