Il massacro del Pulse è un tragedia collettiva che ha coinvolto non solo la comunità Lgbtq ma tutta l’America, una ferita aperta nella coscienza e nell’immaginario collettivo come accaduto dopo gli attacchi alle torri gemelle un’ondata di solidarietà ha investito gli Stati uniti. Per dare sostegno morale e per superare insieme questo momento di orrore, si sono tenute veglie e cortei in tutti gli Stati ed altri se ne terranno questa sera, lunedì.

Le veglie di domenica sono state le prime nate dalla pancia della società civile, mentre scriviamo sono stati annunciati gli eventi di questa sera, lunedì; i luoghi non cambieranno e saranno i luoghi simbolo del movimento per i diritti civili della comunità Lgbtq americana, saranno i politici a raggiungerli per portare il proprio peso in questa manifestazione di solidarietà e di resistenza.

A New York arriveranno il governatore Cuomo e il sindaco De Blasio, entrambi attivi a livello nazionale per i diritti gay e transgender: il sindaco di New York si è rifiutato per anni di partecipare alla parata irlandese di San Patrizio fino a quando non ha incluso i membri della comunità gay irlandese e Cuomo ha dato spallate decisive per legalizzar i matrimoni tra persone dello stesso sesso in questo Stato. Le manifestazioni non si limitano a San Franciso e New York, ma queste due città sono i simboli della lotta Lgbtq e durante la notte di domenica così come accadrà durante quella i lunedì, il quartiere di Castro così come il village sono state la meta e l’epicentro di veglie e cortei silenziosi. A New York il punto d’incontro è lo Stonewall, il locale dove il 27 giugno del 1969 per la prima volta la comunità gay ha respinto la polizia ed affermato il proprio diritto ad esistere indisturbata e sicura. «È qua che ci si riunisce per festeggiare e qua si viene per superare una tragedia» ha dichiarato la coproprietaria dello Stonewall, Stacy Lentz.

Davanti allo Stonewall si è voluto osservare un minuto di silenzio poi un coro di qualche centinaio di persone ha cominiciato a cantare Over The Rainbow e We Shall Overcome. Una processione durata ore ha posato fiori, acceso candele, lasciato bigliettini, tra questi Gilbert Baker, che ha disegnato la bandiera arcobaleno simbolo del movimento Lgbtq; «Questo è un momento da Stonewall – ha detto l’artista sessantacinquenne – Noi ci riprenderemo, ancora una volta». «Siamo sempre stati nel mirino – ha detto Sasha May, avvocato – per noi l’olocausto non è mai finito del tutto». Davanti allo Stonewall sono state appese 50 stelle di legno, tante quanti i morti nella strage di Orlando; l’elaborazione di questo lutto è collettiva e per molti è chiara la via da seguire. «Il sangue di queste persone è sulle mani della Nra e dei sociopatici seduti al Congresso», ha scritto il Los Angeles Time; altrettanto diretto il regista Seth MacFarlane: «Non bisogna essere sconvolti a meno che non si agisca per fermare questa emorragia. Bisogna vietare la vendita di armi automatiche». Durante la notte lo skyline newyorchese ha commemorato il lutto illuminandosi con i colori arcobaleno; l’Empire, invece, si è spento.

«Come gay, cristiano e afro americano – dice Will architetto 38enne – sento lo stesso orrore che ho sentito dopo la strage di Charleston in una chiesa. Per un gay la discoteca è un posto di pari valore, dove vai con un carico emotivo speciale». George Takei, attore di Star Trek, si è riferito alla polemica sulla matrice o meno di terrorismo islamico della sparatoria, chiedendo di non strumentalizzare un crimine per attaccare i musulmani quando ci si trova davanti a un chiaro attacco contro il mondo Lgbtq, con lui anche la star televisiva Clay Aiken: «Potrebbe essere stato il terrorismo islamico ma sicuramente è stato un attacco mirato ai gay. E la Cnn sta sminuendo questo aspetto».

Dal carcere Chelsea Manning, whistleblower transgender ha pubblicato un articolo sul Guardian chiedendo che questo crimine d’odio non diventi un altro giro di vite contro le libertà civili. Un altro episodio di marginalizzazione dell’aspetto omofobo l’ha segnalato il giornalista Glenn Greenwald postando un frammento di una trasmissione del canale britannico di Sky dove il suo ex collega del Guardian, Owen Jones, si è ritrovato a dover rimarcare l’aspetto apertamente omofobo di questo massacro, mentre il presentatore lo minimizzava. Dopo aver cercato di riportare del minimo buonsenso in quella discussione ad Owen Jones non è restato che togliersi il microfono e lasciare lo studio.