Qualche americano a Parigi. Il milieu ricorda gli «espatriati» Hemingway e Fitzgerald con un po’ del tardo Woody Allen. Ma i personaggi –giovani, belli, «seri» e benestanti – il loro fraseggio, il modo in cui vengono tratteggiati a tocchi brevi sicuri, sullo sfondo della città, quel loro essere quasi cocciutamente fuori dal tempo è puro Whit Stillman. Una ragazza del Sud trattata male dal boyfriend francese, un ragazzo waspissimo torturato da una fidanzata, una giornalista di moda, un party boy che si chiama Fritz…il regista di Damsels in Distress (2011) e del miliare Metropolitan (1990) torna in Europa (dove aveva girato Barcelona) con una nuova commedia di maniere, prodotta da Amazon Studios, The Cosmopolitans, con Chloe Sevigny, Adam Brody e Adriano Giannini. Per ora in rete c’è solo l’episodio pilota, in cui Stillman getta le basi del suo nuovo, elegante, microcosmo socio-esistenziale. Lo abbiamo raggiunto a Parigi per questa intervista.

È stata tua l’idea o di Amazon?

Amazon mi ha contattato perché volevano una serie ambientata a Parigi. Credo intendessero comprare una mia vecchia sceneggiatura. Avendo vissuto a Parigi per nove anni avevo moltissimo materiale, quindi ho preferito scrivere una storia originale. E questa mi sembrava molto adatta al loro formato, con i due personaggi, Aubrey e Hal, che hanno il cuore spezzato, il folle europeo Fritz, che li risucchia nel turbine della sua vita sociale…Ho sempre voluto fare un film intitolato Cuori infranti.

Quanto ci hai messo della tua vita a Parigi? E quanto di Fitzgerald, che è uno dei tuoi scrittori preferiti?

Riflette molto da vicino la mia esperienza personale –anche se con delle variazioni. Avendo poco preavviso, ci è stato impossibile trovare un appartamento adatto alla scena del party. Quindi siamo finiti a girarla in un palazzo che solitamente affittano per matrimoni e ricevimenti. Così sembrano tutti molto più ricchi. Fitzgerald è uno scrittore che adoro, ma credo che il suo romanticismo vada condito di humor. Se no diventa troppo triste, senza speranza

Come descriveresti l’evoluzione tra i debuttanti della Park Avenue a cavallo tra anni ottanta e novanta, che hai raccontato in Metropolitan,e i cosmopolitans?

Non c’è stata nessuna evoluzione

Perché pensi che siano rilevanti per la cultura del 99%?

Non credo che l’umanità degli individui sia definita dal loro posto nella scala sociale. E poi perché i miei personaggi frequentano feste di ricchi non significa che siano ricchi. Persino quelli che danno feste sontuose non sono sempre quello che sembrano (come spero di rivelare in un futuro episodio)

Hai sempre avuto un certo gusto per l’anacronismo. Vedi The Cosmpolitans come un antidoto a Girls?

Credo che alcuni di noi siano genuinamente anacronistici, a prescindere da quello che stanno facendo gli altri. Fino a che il pendolo della cultura non oscillerà in direzione opposta e allora saranno gli altri a essere anacronistici.

Da dove viene il personaggio italiano?

Nel gruppo c’era un parigino di un’altra nazionalità, molto mondano ma anche molto ironico. Inizialmente doveva essere olandese ma Adriano Giannini era l’attore che ci piaceva di più. Quindi il personaggio è diventato un italiano, Sandro. Adriano ha un’etica e una conoscenza del mestiere dell’attore che ammiro molto.

Un pilota come questo è finanziato da Amazon o sono gli autori che devono produrlo?

Il nostro pilota è stato interamente prodotto da Amazon. Credo che due degli altri siano stati finanziati diversamente.

Quanto tempo ti hanno dato per le riprese?

Abbiamo girato otto giorni. E ce ne hanno dato uno in più quando abbiamo deciso di fare un cambiamento nel cast. Il budget non me l’hanno mai fatto vedere. Ma, dal punto di vista di un cineasta indipendente, è stata un’esperienza di lusso. È stato molto piacevole girare con un numero di giorni adeguato e una troupe ben pagata. Ed è stato interessante modificare la sceneggiatura «in corsa», durante le riprese. Gli executive volevano più scene con Chloe Sevigny. Quindi ho aggiunto quella in cui lei e Carrie MacLemore parlano della guerra civile. Adesso è una delle mie scene favorite

È cambiato il tuo lavoro con gli attori?

Gran parte di quel lavoro per me è fatto prima di arrivare sul set. E poi ogni attore è diverso. Ci sono quelli fin troppo coscienziosi che inseguono il ciak perfetto di uno script che conoscono fin troppo bene. In questo caso, il giorno extra è stato magnifico perché ci ha permesso di movimentare un po’ le cose e quindi e ottenere delle interpretazioni più spontanee.

Se la serie viene messa in produzione, dove intendi portare la storia?

Devo mandare il canovaccio entro oggi! Una cosa che detesto perché credo che le cose migliori e più fresche emergano quando uno sta scrivendo le singole scene. Tutto viene dai personaggi. Non dalla trama…. Non so esattamente quando arriverà la decisione di andare aventi o meno. Ma credo sia imminente. Se ci danno il via, realizzeremo almeno altri sei episodi, e cioè l’equivalente di due lungometraggi!

John Milius mi ha detto qualche anno fa che le serie TV sono il nuovo «grande romanzo americano». Si riferiva a The Sopranos e Mad Men. Sei d’accordo?

Interessante. Ricordo quella che credo sia la prima, o comunque una delle primissime miniserie, quarant’anni fa – The Blue Knight con William Holden. E di aver pensato la stessa cosa. Però succede raramente che le serie siano a quell’altezza. Se The Cosmopolitans continua, vorrei fare qualcosa di veramente nuovo narrativamente parlando, e ne sto discutendo con Amazon. Mi piacerebbe far dimenticare la parola «televisione».