Tra le notizie pubblicate in Italia in questi giorni, c’è un insolito revival del tema in passato decisamente bistrattato di «indiani uccisi per errore da occidentali», un genere al quale l’informazione nostrana sta prestando grande attenzione cercando improbabili paragoni con l’incidente dell’Enrica Lexie, purtroppo per noi unico nella sua complessità giuridica.

C’è l’incidente dello scorso luglio tra una nave da guerra americana, la Rappahannock, e un «peschereccio indiano» che, avvicinatosi troppo alla nave della marina statunitense, è stato bersagliato dalle scariche di proiettili americane. Un pescatore indiano muore, due rimangono feriti.
Lecito, tutto sommato, equiparare l’evento coi fatti avvenuti al largo del Kerala. Peccato che la Rappahannock e lo skiff – imbarcazione piccola e veloce usata spesso dai pirati, non un peschereccio – si trovassero a migliaia di chilometri dall’India, nelle acque dello stretto di Hormuz, che divide Dubai dalla costa meridionale iraniana. Una zona dove i pirati, a differenza delle acque dell’India sud occidentale, ci sono davvero. In quell’occasione gli americani si scusarono immediatamente con le autorità di New Delhi ed ordinarono un’inchiesta interna.

C’è stato poi il caso dei «marò francesi» rei di aver ucciso per errore due cittadini indiani. L’esercito francese – di terra – si trovava però in missione per sedare una rivolta. Non in India, ma a Bangui, Repubblica centrafricana. L’incidente, avvenuto in territorio terzo, è stato risolto con la diplomazia: scuse di Hollande al premier Singh e immediate garanzie di un’inchiesta francese ai massimi livelli.

Ieri le agenzie hanno battuto la notizia di un altro incidente avvenuto nelle acque indiane. Al largo di Chennai, capitale del Tamil Nadu, il capitano ed il vice tedeschi del cargo Grietj il 18 marzo vengono arrestati con l’accusa di «morte causata per negligenza»: la loro nave, secondo le autorità indiane, a 12 miglia dalla costa avrebbe speronato un piccolo peschereccio in avaria, causando la morte di Anandan, uno dei tre pescatori.

Albrecht Wolsgang e Steffen Hinksoth sono già stati liberati dietro cauzione con divieto di lasciare il paese in attesa di accertamenti. Secondo la guardia costiera, il Grietj era l’unico mercantile nei pressi del luogo dell’incidente e sarebbe quindi il sospettato numero uno. I tedeschi, che lamentano un trattamento eccessivamente fiscale a causa dell’effetto marò in India, sostengono di non aver nulla a che fare con la morte di Anand, ma il Voyage Data Recorder del cargo, che potrebbe provare l’innocenza dell’equipaggio, pare non abbia registrato gli ultimi movimenti della nave.
Per l’Italia si tratta già di un altro caso marò. Hinksoth e Wolsgang, due civili, non hanno sparato a nessuno e non facevano parte di alcun esercito nazionale. Ma erano occidentali, erano in India, ed è morto un pescatore: tanto basta per affiancarli alla sorte incerta di Latorre e Girone.

Col tempo però si nota un miglioramento nelle affinità elettive: questa volta, almeno, stiamo parlando di un’imbarcazione civile in acque indiane. Non abbastanza per parlare di «marò tedeschi», ma è già qualcosa.