Patti parasociali nascosti per Giovanni Bazoli, truffa e riciclaggio per Giampiero Pesenti. Sono queste le accuse della procura di Bergamo, da tempo al lavoro in due inchieste, diverse, riguardanti Ubi Banca e la controllata Ubi Leasing. Indagini che hanno avuto una svolta con una una ventina di perquisizioni effettuate dalla Guardia di finanza, e con informazioni di garanzia che hanno raggiunto fra gli altri il presidente di Intesa San Paolo, in qualità di capofila di un gruppo di azionisti di Ubi Banca, e sull’altro fronte il numero uno di Italcementi, sotto accusa per aver acquistato da Ubi Leasing uno yacht a un prezzo ben più basso del suo valore.

L’inchiesta che riguarda Bazoli, in veste di presidente del consiglio direttivo dell’Associazione Banca Lombarda e Piemontese, è il frutto di un un esposto presentato da alcuni consiglieri di sorveglianza della lista di minoranza di Ubi Banca. Una denuncia “sulla presunta esistenza di patti parasociali” nascosti, precisa l’istituto di credito, che è il quarto per importanza nel panorama bancario italiano.

In altre parole Bazoli e gli altri indagati (Franco Polotti, presidente del consiglio di gestione di Ubi Banca, Andrea Moltrasio, presidente del consiglio di sorveglianza, Mario Cera, vicepresidente del comitato di sorveglianza, e i consiglieri Victor Massiah e Italo Lucchini) avrebbero nascosto a Bankitalia e Consob un accordo risalente al 2006 – anno della fusione con la Banca Popolare di Bergamo – teso a stabilire una serie di criteri per le nomine di vertice di Ubi Banca, nel segno della pariteticità e alternanza tra i rappresentanti delle due associazioni Banca Lombarda e Piemontese e Amici di Ubi. Di qui l’accusa di ostacolo alla vigilanza, di fronte alla quale la difesa di Bazoli replica: “Gli accordi che hanno dato vita a Ubi, così come i successivi, sono stati recepiti negli statuti e in atti ufficiali debitamente comunicati”.

Ben più corposo il filone di inchiesta riguardante Ubi Leasing, per il quale insieme a Pesenti sono indagati Giampiero Bertoli (ex ad di Ubi Leasing), Alessandro Maggi (ex vicedirettore generale vicario di Ubi Leasing) e Guido Cominotti (addetto al customer care di Ubi banca). In questo caso la magistratura ipotizza, sulla base di un esposto del consigliere di minoranza Giorgio Jannone e da Elio Lannutti di Adusbef, che tutta una serie di beni di lusso fossero ceduti in leasing a persone fisiche e società, ma di fronte alle prime difficoltà di pagamento fossero sottratti ai sottoscrittori e subito venduti – a prezzi molto inferiori al valore reale – a personaggi vicini a Ubi Leasing.

In questo modo Pesenti, tramite una sua società di Nicosia, avrebbe acquistato uno yacht per 3,5 milioni di euro quando l’imbarcazione, dal costo stimato in circa 6 milioni, era stata data in leasing per un valore di oltre 10 milioni. In un’altra occasione un aereo Cessna dato in leasing alla Lm Management di Lele Mora, dopo il fallimento della società, venne riscattato da Ubi Leasing e venduto ad una società del Delaware per circa 60mila euro. In questo caso si sta ancora indagando per risalire ai veri acquirenti dell’aereo, preso a prezzi di saldo.