Cara Marì,

in quel cinema con i divani che ti piace tanto ho visto un documentario sul nostro quartiere, un documentario vecchio, del 2001: “Berlin-Neuköllndi Bernhard Sallmann. Noi, a quell’epoca, neanche sapevamo dove stava Berlino, figurarsi Neukölln, Marì! Tu sei andata via da poco e per te sarà come ricordare una vecchia fidanzata, dal passato turbolento e ancora accigliato; per me è stato sfogliare l’album delle foto di nozze di un matrimonio, ormai fallito. Mentre preparo per l’ennesima volta le valigie, in preda alla nostalgia per un immaginario perduto, ti racconto la storia, che, in verità, è molto semplice e ha la faccia sgranata dei VHS che in quegli anni, tra un esame universitario e una poesia stropicciata, ancora guardavamo.

Sono accerchiato da bistrot vegani e accenti anglosassoni, tatuaggi esoterici costruiti solo da righe e linee che per farteli devi metterti in lista d’attesa di due anni. Ma cosa vuoi che siano due anni per Neukölln, Marì? Come per un atipico calcolo anagrafico canino, i tuoi pochi anni, persi tra la ricerca di un lavoro mai trovato e una birra sul canale, per la città diventano ere di gentrificazione e falso riscatto. Sallmann, austriaco di nascita e dalla fine degli anni Ottanta adottato dal quartiere, nel suo affettuoso documentario, mette in scena un’umanità simpatica, di camicie a fiori, di vecchie che si ritrovano nei negozi, dei juke box e dei flipper nelle kneipe, del custode di un giardino, di un turco che ha fatto affari nel piccolo commercio; un mondo, Marì, che sotto la crosta dei dolcetti biologici puoi ancora trovare, ma quanta normalizzazione è passata sotto i ponti, in queste luride acque della Sprea! Il regista è lì, sulla soglia degli anni in cui ancora non era esploso il low cost, e i fatti di Genova stavano per chiudere la nostra voglia di fare politica, almeno la mia e la tua, Marì.

L’assalto al quartiere, considerato pochi anni prima terra di confine criminale, non appariva ancora reale nella vita quotidiana del residente mentre dice che “nessuno cerca casa a Neukölln, c’è solo gente che a Neukölln ci capita, così, per caso”. Sallmann, non commenta con voci fuori campo, dà la parola a tutti, residenti e stranieri, giovani e vecchi; crea una cartolina timida ma non edulcorata, in cui io e te Marì, ci siamo per un momento riconosciuti, come parenti in una famiglia allargata, fatta di più di cento nazionalità rappresentate, quale è il quartiere ancora oggi.

Davanti alla fotografia sgranata pensavo a noi due Marì, quando credevamo che fosse possibile e privo di scivoloni fisici e mentali pensare di vivere una vita tranquilla, frugale, dentro l’Europa ed eravamo ancora freschi di studi sociologici e iniziamo già ad applicare, dal vivo, il disadattamento dello straniero, il concetto di deprivazione relativa e ci interrogavamo se fosse più gratificante, in senso ubiquo, avere un lavoro di merda o un autobus puntuale per arrivarci.

Stammi bene Marì.