La grande fuga verso est diventerà realtà all’inizio della settimana prossima.
Questa mattina il commissario Vasco Errani, il capo della protezione civile Fabrizio Curcio, il sindaco di Accumoli Stefano Petrucci e quello di San Benedetto del Tronto Pasqualino Piunti annunceranno che 500 abitanti del piccolo comune laziale verranno ospitati dagli alberghi della Riviera delle Palme, ottanta chilometri distante, per un periodo di tempo che potrebbe protrarsi fino alla primavera dell’anno prossimo, quando la situazione (si spera) dovrebbe cominciare a tornare alla normalità.

Il piano è stato definito nel pomeriggio di giovedì, e il Comune di San Benedetto ha subito provveduto a stilare e diramare un bando a scadenza brevissima rivolto agli hotel. Insieme a questo verranno organizzati anche tutti i servizi, dal trasporto scolastico in poi, nel tentativo di offrire una difficile normalità alla popolazione di un paese che è stato raso al suolo dal terremoto, dove le case sono tutte inagibili e il panorama si presenta come una spettrale distesa di macerie con le sole forze dell’ordine presenti per controllare la situazione.

Il trasferimento degli abitanti di Accumoli sarà organizzato in tempi brevissimi e si libereranno così posti nelle tendopoli rendendo un po’ meno pesante il bilancio degli sfollati, perché a perdere la casa non sono stati soltanto i cittadini dei Comuni interamente abbattuti dal sisma, ma anche quelli dei paesi in cui non si sono registrati morti o feriti ma che sono stati ugualmente colpiti in maniera dura dalla scossa di mercoledì 24 agosto. I numeri ufficiali diffusi dalla protezione civile parlano di 4.079 assistiti, di cui 1.129 nel Lazio, 1.256 nelle Marche, 1.160 in Umbria e 540 in Abruzzo.

Un’altra situazione molto delicata si segnala ad Ascoli Piceno, nel periferico quartiere di Monticelli, dove sono stati celebrati i funerali solenni delle vittime marchigiane. La zona è una distesa di cemento grigio e conta centinaia di case popolari, quasi tutte costruite dopo quello che fino alla settimana scorsa era «il terremoto degli ascolani»: ore 17 del 26 novembre 1972, si votava, tutti ricordano che in tivvù davano Tarzan e la città tremò fortissimo, con qualche danno e nessun ferito.

Qui un grattacielo di quindici piani dell’Erap è stato sgomberato all’inizio di questa settimana perché, come ha detto il sindaco Guido Castelli, «è possibile un peggioramento delle condizioni dell’immobile, anche a seguito dello sciame sismico e di numerosissime repliche che fatalmente possono provocare uno scadimento della caratteristica resistenza meccanica dei materiali costruttivi delle strutture del fabbricato». Cioè, tradotto, il cemento si sta deteriorando da anni e le case non sono più sicure. Perciò ad andare via sono state già 56 famiglie, che comunque avrebbero dovuto andare via entro l’anno.

La vicenda va avanti dal settembre del 2013, quando i vigili del fuoco segnalarono la situazione. Il Comune di Ascoli intimò alla Regione Marche di provvedere subito a fare i lavori di ristrutturazione, ma le cose sono andate per le lunghissime, in un eterno rimpallo di responsabilità tra gli enti. Intanto nel grattacielo si continuava a vivere con la paura di chi sa di non essere al sicuro ma allo stesso tempo è consapevole di non avere un altro posto dove andare.

Ad Ascoli la scossa che ha demolito Arquata, Accumoli e Amatrice si è sentita forte: è andata via la luce, nelle case i libri sono caduti dalle mensole e i quadri si sono staccati dal muro. Un grande spavento che continua anche in questi giorni (e in queste notti) di sciame sismico, ma pochi danni rilevanti: qualche crepa negli edifici, subito transennati in attesa di essere messi in sicurezza, incluso il Palazzo dei Capitani del Popolo, sede anche del il Consiglio comunale, risalente al XIII secolo con modifiche cinquecentesche. Nella città di travertino si trema (anche) di paura.