È arrivata come un fiume in piena l’ultima inchiesta denominata “Don’t touch” firmata dal Gip di Latina Giuseppe Cario, eseguita dagli agenti della questura coordinati dal capo della squadra mobile Niglio. Un fiume che ha travolto uno dei clan più pericolosi del pontino, espressione di una consorteria criminale che ha diramazioni nella politica locale e nazionale, nell’imprenditoria, nello sport e nel commercio, spesso agevolata da liberi professionisti e imprenditori dediti al malaffare.

Ma andiamo con ordine. Secondo la Procura la sede della tifoseria del Latina Calcio, la “Curva Nord”, sarebbe un luogo di «particolare offensività» sociale perché al suo interno avveniva, secondo gli inquirenti, lo spaccio e il consumo di cocaina. È questo uno dei passaggi dell’ordinanza che lunedì scorso ha portato all’arresto di 24 persone di una presunta organizzazione criminale di “zingari” il cui capo indiscusso sarebbe Costantino “Cha Cha” Di Silvio: uno dei nipoti di primo grado di Vittorio Casamonica. «Lo spessore criminale del gruppo è molto elevato – spiega il questore di Latina Giuseppe de Matteis – Sarebbe un errore sottovalutarlo». Per gli inquirenti la capacità di questi criminali di mettere le mani sulla città pontina è evidente: da qui si è arrivati a cacciare di fatto l’ex prefetto Frattasi, ad inviare lettere minatorie e proiettili a questori, capi della mobile, procuratori e giornalisti. Nell’inchiesta risulta coinvolto anche uno storico amico di Cha Cha: il deputato Pasquale Maietta, tesoriere alla Camera di Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale, ex assessore al Bilancio di Latina e presidente del Latina Calcio: squadra che milita nel campionato di serie B. L’onorevole è accusato di violenza privata tentata in concorso, perché intercettato mentre chiedeva a Cha Cha di risolvere per le vie brevi una vicenda personale. È lo stesso deputato che  un anno fa ritirò in extremis un’interrogazione parlamentare preparata dal suo staff proprio contro il questore di Latina De Matteis, accusato di gettare discredito sulla città per aver denunciato la presenza di una criminalità autoctona capace di condizionare settori nevralgici, a partire dall’urbanistica. Un attacco mal digerito da chi ha governato Latina negli ultimi venti anni.

L’inchiesta evidenzia l’operato di un’associazione a delinquere specializzata in estorsioni, usura, minacce e lesioni, porto e detenzione abusiva di armi (anche da guerra), furto in abitazioni private, intestazione fittizia di beni, corruzione, rivelazione di segreti d’ufficio e spaccio di droga. Anche se ripetutamente arrestati e condannati, i suoi appartenenti continuavano a taglieggiare le loro vittime. Inoltre continuavano ad avere collegamenti con elementi deviati delle forze dell’ordine dai quali ricevevano informazioni, dietro pagamento, sulle indagini sul loro conto. Ma soprattutto continuavano ad intrattenere rapporti con la pubblica amministrazione e con i politici.

E sopra tutti c’era lui, Pasquale Maietta, con il quale Cha Cha passeggiava talvolta in pieno centro della città. Una di queste occasioni è stata notata  su facebook. Ne nacque una intimidazione  divenuta poi oggetto delle indagini a carico del deputato. All’appello comunque risultano altre “collaborazioni” politiche  del clan. Per esempio con l’ex vicesindaco Udc di Latina Maurizio Galardo e con l’ex consigliere comunale Massimiliano Carnevale (anche lui dell’Udc), figlio di Aristide Carnevale, eletto a sua volta al consiglio comunale di Latina nel 2011 in quota Pd. Lo stesso Maietta del resto ha rapporti economici diretti con alcuni politici locali. È il caso di Antonio Aprile, anche lui socio del Latina Calcio, già candidato a sindaco alle ultime elezioni del Comune di Sermoneta (Lt): tutte le aziende della famiglia Aprile hanno sede legale nello studio commercialista di Maietta.

Nella vicenda non si può trascurare il ’dettaglio’ dello spaccio presso la sede della tifoseria della squadra. Un dettaglio che oggi ci permette di chiudere un’inchiesta che il manifesto per primo aveva aperto un anno e mezzo fa, fondata su alcune rivelazioni relative alle continue intimidazioni, minacce di morte e anche di aggressioni selvagge del “clan degli zingari” ai danni di esponenti del Latina Calcio. Gli episodi si sarebbero verificati tra il primo e il secondo tempo o alla fine di alcune partite. Le ragioni di tali violenze erano legate al risultato ottenuto sul campo, non in linea con quello che il clan aveva “ordinato”. La fonte si riferiva alle scommesse clandestine nelle quali anche il Latina Calcio risulterebbe coinvolto (inchiesta “I Treni del Gol”, dove l’ex presidente del Catania ha ammesso di aver comprato cinque partite tra le quali una con il Latina). Nell’ordinanza della procura oggi si legge che proprio Cha Cha Di Silvio «risulta avere il controllo degli eventi sportivi connessi agli incontri di calcio (…) in occasione di una partita rassicura Maietta, al quale dichiara la sua disponibilità ad un intervento, anche in forma violenta». Sarà la magistratura a stabilire in cosa consista il «controllo sugli eventi sportivi». Resta evidente il clima nel quale tutto questo è avvenuto.
In risposta all’articolo pubblicato dal manifesto venerdì 27 giugno 2014 dal titolo «I miracoli in nero del Latina Calcio» ricevemmo un’intimidazione attraverso uno striscione affisso all’ingresso dello stadio di Latina e firmato, guarda caso, dalla “Curva Nord”: proprio la tifoseria nella cui sede si scopre che avveniva lo spaccio e il consumo di cocaina.

Una storia inquietante che oggi si ritrova dentro un processo penale con esiti che si attendono clamorosi. A rispondere del proprio operato ora dovrà essere anche l’accondiscendente amministrazione comunale pontina. Malgrado le segnalazioni infatti, lo striscione intimidatorio rimase affisso su una struttura di sua proprietà per quasi due giorni, secondo alcuni accuratamente custodito da un esponente del clan Ciarelli-Di Silvio. Insieme sono rimasti attaccati ai cancelli dello stadio anche altri striscioni che manifestavano solidarietà ai due co-presidenti del Latina Calcio allora in carica: l’imprenditrice Paola Cavicchi e lo stesso Pasquale Maietta. Entrambi i personaggi ottennero altre benevolenze dall’amministrazione comunale di Latina, e proprio in quei mesi, a partire dalla sanatoria per degli abusi edilizi compiuti nelle loro abitazioni. Questa inchiesta può forse aiutare a fare pulizia in una provincia in cui clan mafiosi e malaffare, politica e imprenditoria incrociano troppo spesso i loro destini e relative fortune.

Che sia arrivata l’ora di fare i conti sui troppi affari “in nero” realizzati a Latina?