Secondo papa Francesco il bullismo dei bambini, è opera di Satana (un modo di rappresentare il male), il segno dell’assenza di compassione.

Il ministro Minniti, richiamato a Napoli dalle continue aggressioni operate da bande di adolescenti, ha attributo un carattere nichilistico agli attacchi: colpiscono nel mucchio, in modo analogo a quello del terrorismo jihadista.

La crudeltà nei bambini ha due forme distinte, ma convergenti, di provenienza. La prima è una reazione alla restrizione graduale del loro desiderio, la cui espressione compiuta, sottoposta al dominio «politico», socializzante della relazione sessuale dei genitori, è spostata nel futuro.

La seconda è la percezione di una violenza arbitraria, la sopraffazione del più debole da parte del più forte, presente nel mondo degli adulti. La sopraffazione i bambini la sentono sulla loro pelle tutte le volte che i genitori agiscono in modo normativo, avulso dal dialogo e dallo sforzo di una reciproca comprensione, imponendo una logica dell’esistenza incomprensibile a cui si può solo uniformare. L’elemento sadico riscontrabile nei bambini esprime il loro identificarsi con la forza sopraffattrice che li conduce a proiettare la propria fragilità di fronte alla violenza della norma, in altri bambini, o negli animali. La compassione li porterebbe nella strada opposta: alla riammissione della loro prossimità alla vittima e al sentirsi inermi in un mondo senza giustizia, spietato.

L’esplosione pulsionale della pubertà, lo sviluppo di un corpo erotico in grado di accedere alla sessualità genitale, porta alla riattivazione del desiderio impetuoso della prima infanzia faticosamente, dolorosamente represso, con una virulenza fin a quel momento insospettabile, che anche per il carattere inizialmente incestuoso, endogamico del risveglio, mette in pericolo l’ordine familiare.

Sottostante alla preoccupazione di un disordine grave, agisce la paura più forte e destabilizzante degli adolescenti di non poter gestire il loro sconosciuto e travolgente corpo nuovo e di restare in sua balia. La potenza dell’eros che si rivela in loro, li rimette nelle mani dei loro genitori, detentori del sapere della sua gestione, li riporta alla condizione di subalternità che li fa sentire sfruttati e umiliati e dalla quale vogliono uscire.

L’aggressività è la reazione al loro senso di impotenza. Non potendo essere direttamente rivolta agli adulti, che li sovrastano sul piano del potere, riprende la strada proiettiva dell’infanzia e si scatena contro i loro coetanei, quelli supposti deboli o «complici» della società ipocrita dei «grandi».

Essa è complicata dalle prime correnti erotiche extrafamiliari, indifferentemente omofile e eterofile in questa fase, che gli adolescenti sviluppano tra di loro e non sono in grado di governare. Le guerre tra gang sono in parte forme distorte del desiderio reciproco che in tal modo è ammesso e, al tempo stesso, negato.

Ciò che rende oggi questi scontri, da sempre presenti, più invasivi e indiscriminati, é lo scollamento totale di grandi masse di adolescenti delle periferie cittadine dal loro disastrato, desertico tessuto sociale. Queste masse migrano verso il centro della loro città, che non li riconosce come suoi figli dimenticati. Sono trattati come invasori barbarici e possono trovare nella loro identificazione con la barbarie un senso di identità precario che cerca la sua solidità nella prepotenza.

Siccome la società che li discrimina è più barbarica di loro, trovano nella sua violenza sempre più sguaiata in cui si riflettono, il loro vincente e, in prospettiva, mortifero modello.