Per gli Arahuacos l’acqua è origine, vita, intimità, verginità. L’acqua è, nella cosmogonia di questa popolazione indigena della Sierra Nevada, in Colombia, rappresentata da un serpente che vive nel fondale della laguna Atinaboba: laguna e serpente sono un unico essere, e le sue manifestazioni vengono interpretate dagli sciamani con segreti rituali. La cosmogonia Arahuaca incentra ogni suo passaggio fondamentale nell’acqua, in ogni sua forma; nei tempi antichi i suoi adepti collocarono enormi pietre lungo la Sierra, per segnare i punti energetici di scambio fra le acque sotterranee. Poi ci sono i Koguis, per cui la Madre è il mare; poi gli Yagui, per cui gli uomini apparirono dalle prime gocce d’acqua che il dio Tupana mandò sulla Terra;e i Nasa, e gli U’wa…

L’acqua in Colombia è spiritualità, magia e naturalmente vita. E’ uno dei Paesi con maggiori riserve idriche al mondo. Per questo è classificato come uno dei territori più appetibili per le holding finanziarie legate allo sfruttamento delle risorse. «La Colombia dispone di una delle maggiori varietà di ecosistemi al mondo, oltre a risorse naturali quali una vasta gamma di coltivazioni, riserve energetiche (carbone, petrolio, oro, platino, smeraldi), risorse ittiche e legname», si legge anche sul sito che la Farnesina dedica ai Mercati Esteri, nella sezione «dove investire».

Di fatto in Colombia metà della popolazione – circa 25 milioni su 44 – non può accedere ad acqua potabile. L’acqua è sottratta all’utilizzo delle comunità più povere per le privatizzazioni dei sistemi idrici, per accaparramento da parte delle imprese estrattive, per l’agroindustria che necessità enormi quantità d’acqua per le coltivazioni intensive.

Le conseguenze sanitarie, alimentari, economiche, sono drammatiche. Le politiche energetiche degli ultimi due presidenti della repubblica – Alvaro Uribe e l’attuale Manuel Santos, già ministro del governo Uribe – hanno aumentato straordinariamente il divario fra ricchi e poveri. La cosiddetta «locomotora minera», l’economia estrattivista che ha dato in concessione il 45% dei terreni più fertili alle multinazionali minerarie e fossili, ha creato un bacino di sfollamenti forzati che conta fra i 7 e i 10 milioni di persone, cacciate con la violenza dai propri territori e privati dell’identità collettiva.

L’appoggio agli acquedotti comunitari che Yaku insieme ad altre realtà colombiane sostiene da circa 5 anni, s’inserisce nel percorso che la Comision Intereclesial Justicia y Paz – organizzazione per i diritti umani attiva da quasi 30 anni in Colombia – sviluppa per soccorrere, sostenere, reintegrare, gli sfollati interni del Paese. Questo tipo di collaborazione ha nome di «Acqua, Giustizia e Pace», e parte dal concetto che attorno all’acqua si possa riorganizzare la vita comunitaria, ricostruirne l’identità, sviluppare virtuosamente meccanismi di autogestione e partecipazione.

Questa rete conta una trentina di acquedotti fra il Sud Ovest del Paese e la regione del Meta, dove la mano paramilitare ha sfollato contadini, indigeni, afrodiscendenti. Gli acquedotti comunitari a livello nazionale rappresentano una realtà che dà da bere a circa 4 milioni di persone. Hanno statuti che i oppongono allo smantellamento del pubblico, difendono il patrimonio di pratiche comunitarie ed ancestrali, si ispirano a principi solidaristici anche nel calcolo delle tariffe; nei settori rurali servono fino al 40% della popolazione, in quelli urbani fino al 20%. Sono entità complesse e costituiscono di fatto il settore sociale della gestione pubblica dell’acqua in Colombia.

Possono essere imprese comunitarie, familiari o rionali, con legittimità sociale e forme di organizzazione e livelli di formalizzazione diverse per le loro competenze settoriali e territoriali; sono associati alla cura delle fonti d’acqua, dei boschi, a progetti educativi (il progetto di cui sopra è connesso infatti al sostegno delle scuole indigene e comunitarie presenti sui territori), alla valorizzazione del ruolo della donna. Noi stessi abbiamo incontrato tante donne con storie di violenza, di abbandono o semplicemente di solitudine, che – scese in campo contro l’accaparramento di acqua e terra da parte di società straniere e di attori armati – hanno trovato negli acquedotti comunitari un ruolo politico riconosciuto dalla propria comunità: molte studiano, imparano, si realizzano, nella gestione di quell’acqua che per prime hanno difeso in nome dei figli, della necessità di cibo, in nome della vita stessa.

Oggi gli acquedotti comunitari hanno assunto importanza nel panorama attuale colombiano: aiutando la coesione comunitaria, la connessione col territorio, lo sviluppo di economie solidali, sono connessi al processo di pace.
*www.yaku.eu