«John Lasseter prende sei mesi di licenza dalla Disney/Pixar e si scusa per abbracci indesiderati». No, non è un lancio del tg di Saturday Night Live o la prima pagina del giornale satirico The Onion. Non è nemmeno un titolo che qualsiasi capo redattore o direttore di giornale avrebbe buttato nel cestino, perché ridicolo. Bensì una delle «breaking news» che Variety ha diffuso martedì sera, alla vigilia dell’arrivo nelle sale dell’ultimo lungometraggio Pixar, Coco. Un caso, si direbbe, se non fosse che non è la prima volta, nello tsunami del sexual harassment, che certe rivelazioni atterrano in perfetto timing con l’uscita di un film (le foto di Weinstein e Allen, alla vigilia della premiere dell’ultimo lavoro del regista; lo scandalo Spacey scoppiato a giorni dal gala per All The Money in the World, all’AFI Film Festival), o di un libro, come nel caso di Brave, di Rose McGowan – con effetti che, a seconda, possono massimizzare il danno, o la self promotion.

Niente, nemmeno l’assurdità delle «scuse per abbracci indesiderati», ferma più la Santa inquisizione dei media americani, impegnati come Brancaleone in questa cieca, frenetica, crociata, in cui confluiscono denunce legittime, vendette personali, opportunismo, confusioni/frustrazioni individuali, scarsa intelligenza, e la febbre di mitomania scatenata dai social; e nel cui nome giornali e Tv hanno abbandonato qualsiasi standard professionale. Feelings, ricordi di vent’anni fa, interpretazioni personali di un gesto della mano, pettegolezzi di corridoio, vengono riportati come «fatti» – di pagina in pagina, di schermo in schermo; con un effetto eco, che però invece di affievolirsi mano a mano, diventa più grosso, come una valanga. Smentire peggiora solo la situazione, perché il clamore del linciaggio in rete cresce; e non importa se nulla è provato, legalmente parlando. Come nel caso delle elezioni del 2016, la responsabilità storica della stampa sarà enorme. E non in positivo. Se non sono i russi che stanno manovrando il tutto (come ha suggerito un’amica, e non scherzava) o i neonazisti (parecchi hanno notato una forte verve antisemita), l’impressione di un disegno non è comunque così marziana: si tratta dopo tutto di un processo che sta mandando completamente in tilt le élite – spettacolo, media e politica. Ma veniamo a Lasseter, «l’uomo» del giorno.

Il fondatore della Pixar, direttore creativo di tutta l’animazione Disney e uno dei filmmaker più geniali e potenti di Hollywood, ha annunciato che prenderà sei mesi di congedo dallo studio che dirige. Non perché esausto, ma perché accusato di abbracciare troppo entusiasticamente i suoi collaboratori. Ho avuto il piacere di lavorare con Lasseter in occasione di un premio alla carriera per la Pixar. Lo ricordo, nell’arco di diversi incontri, come una presenza entusiasta, brillante, tattile. Presumo di averlo abbracciato più volte, e so di non essere mai stata sfiorata dall’idea che dietro ci fosse un secondo fine sessuale.

Certo, queste cose sono anche un fatto di percezione: ma se ognuno di noi ha il diritto di sentirsi infastidito dall’invadenza fisica di un’altra persona, invocare la molestia è veramente un altro livello. Nessuno ha osato farlo nel caso di Lasseter, ma non importa visto che i pezzi su di lui usciti nelle ultime 24 ore, basati -per ammissione di chi scrive- anche su «un network di pettegolezzi aleggianti da anni», lo hanno trasformato in un Fatty Arbuckle del terzo millennio: John Lasseter beve vino (e vodka!!) ai party, ha un occhio per le belle ragazze giovani e, orrore orrore, pare frequenti locali di spogliarello.

Domani qualcuno troverà implicazioni sinistre nelle immancabili camicie hawaiane. Perché questo particolare spirito del nostro tempo, nella sua bizzarra manifestazione, non aspira alla parità tra uomini e donne, ma a un ideale di eguaglianza impossibile quanto inquietante, che ignora, o vorrebbe azzerare, il corredo individuale di pulsioni, desideri, storie di vita vissuta, fantasie e fantasmi che ci portiamo dentro. È, come ha suggerito acutamente una collega, l’invasione degli ultracorpi.