All’indomani dell’invito a fare in fretta, al «non deluderci» della Confindustria di Squinzi, arriva un altro sollecito a Palazzo Chigi: quello del governatore di Bankitalia, Ignazio Visco. Che se certo non si sbilancia come le imprese – per il suo ruolo e l’autonomia del prestigioso istituto che guida – promuove sostanzialmente i primi passi della politica economica di Matteo Renzi. Ma la strada per l’agognata ripresa è ancora lunga: «Nel nostro Paese – dice Visco nelle sue Considerazioni finali, all’Assemblea annuale di Palazzo Koch – la lunga recessione in atto dal 2008 si è arrestata alla fine dello scorso anno. Ma una vera ripresa stenta ad avviarsi».

«L’uscita dalla recessione è travagliata, la ripresa fragile e incerta», dirà più avanti il governatore. Ma c’è il lato positivo, la speranza, risposta non solo nei primi provvedimenti del governo, ma anche in altri – possibili – che vengono sollecitati: «Anche se vi sono segni di miglioramento della fiducia, la necessità di compensare l’erosione dei risparmi accumulati, l’incertezza sulle prospettive dei redditi nel medio e lungo periodo continueranno a gravare sui consumi delle famiglie – avverte Visco – Questi potranno trarre beneficio dagli sgravi fiscali di recente approvazione, ma non diventeranno forza trainante di ripresa senza un duraturo aumento dell’occupazione».

Insomma, bene gli 80 euro: e potranno migliorare la condizione delle famiglie che li ricevono. Ma non bastano: per la ripresa bisogna creare lavoro. Per farlo, servono politiche nel nostro Paese, certo, ma meglio ancora se arriverà «un’azione concertata a livello europeo». E l’Italia ha il vento in poppa, dopo le elezioni europee che hanno premiato Renzi e il Pd, insieme all’opportunità di guidare il prossimo semestre Ue: quadro che pare riecheggiare quando Visco afferma che «le occasioni fornite dal favorevole contesto esterno non vanno perdute».

Ecco l’invito a fare le riforme, che ricalca quello di Squinzi: «Non mancano, anche da noi, segnali positivi. Perché il miglioramento si consolidi» bisogna «avanzare con decisione lungo la strada delle riforme e promuovendo la ricerca dell’efficienza nei servizi pubblici come nell’attività privata». Servono gli investimenti, non solo pubblici, ma anche privati: le imprese devono fare la loro parte.

«Alla crescita della produttività – dice il governatore – deve accompagnarsi quella della domanda, quindi dei redditi delle famiglie, da sostenere con nuove opportunità di lavoro. Servono investimenti, privati e pubblici, nazionali ed europei». E che gli investimenti abbiano latitato, lo dicono i dati: «Il rapporto tra investimenti lordi e Pil è sceso del 4% dal 2007, portandosi nel 2013 al 17%, il minimo dal dopoguerra».

In questo quadro, l’Italia si potrà muovere per investire: dovrà sempre vigilare sul debito, ma potrà utilizzare i margini di flessibilità acquistati di recente col risanamento: «La riduzione del rapporto debito/Pil resta la sfida ineludibile per il nostro paese – dice Visco – La sua velocità dipende dal ritorno a una crescita stabile e sostenuta. Crescita ed equilibrio di bilancio non possono che essere perseguiti congiuntamente». Le azioni per la crescita, sono indicate nel «proseguimento del pagamento dei debiti della pubblica amministrazione» – che il governatore quantifica al livello di 75 miliardi, rispetto ai 90 conteggiati l’anno scorso – «e della riduzione del cuneo fiscale sul lavoro», «sfruttando i margini di flessibilità concessi dalle regole Ue».

Ma non basta, perché sul fronte più interno, quello bancario, Visco chiede alla politica di assegnargli più poteri per poter rimuovere i banchieri disonesti. Spiega che la vigilanza, nella riforma disegnata dalla Bce, ha guadagnato in efficacia, ed espone i risultati delle attività ispettive: «Nell’ultimo biennio sono state svolte 340 verifiche ispettive: in 63 casi abbiamo rilevato gravi carenze nei profili di governance. In 45 di questi sono emerse irregolarità di possibile rilievo penale che sono state portate a conoscenza delle autorità».

Dunque la richiesta: «La nostra azione diverrebbe ancora più incisiva con l’attribuzione alla Banca d’Italia del potere di rimuovere gli amministratori di una banca».

Infine, dai dati forniti ieri è nata una polemica sulla Tasi. «Nel 2014, nell’ipotesi di applicazione ad aliquota base, il prelievo Tasi aumenterebbe di circa il 12%; mentre se ciascun capoluogo applicasse un’aliquota pari al 2,5 per mille, crescerebbe di oltre il 60% rispetto al 2013», dice la relazione. Un dato comunque «ben al di sotto rispetto al 2012».

Forza Italia ovviamente rinfaccia questo dato al governo Renzi, e risponde il sottosegretario Graziano Delrio: «Stiamo sereni, si è detto appunto che si resta bel al di sotto del 2012, anno di riferimento».