E se il decreto «Spalma rinnovabili» – ancora in forma di bozza – rappresenta una minaccia per le imprese (e i lavoratori) dell’economia green, c’è un colpo di forbici che il governo ha già sferrato sul settore: riguarda le aziende agricole che producono energie rinnovabili (per l’autoconsumo e per la vendita delle eccedenze), che vedranno la tassazione aumentata fino al 25% da livelli oggi molto più bassi.

Ma per ottenere cosa? L’esecutivo ha deciso di ricavare oltre 120 milioni per i prossimi tre anni, da questo settore, per poter coprire i famosi 80 euro in busta paga. In realtà il «bonus» concesso ai lavoratori non è ancora certo che venga erogato anche a partire dal 2015, ma intanto quest’anno le rinnovabili agricole pagheranno il loro «contributo» di 33,8 milioni di euro, che poi diventeranno 45 milioni l’anno a regime.

L’inasprimento della tassazione sulle imprese agricole che producono energie rinnovabili – spesso molto piccole o addirittura micro – è contenuto proprio nel decreto Irpef che ha disposto la misura degli 80 euro (e precisamente all’articolo 22, comma 1). La denuncia viene dal gruppo Cinquestelle alla Camera.

La normativa, spiega la relazione tecnica allegata al decreto, «modifica la determinazione del reddito imponibile derivante dalla produzione e cessione di energia elettrica a calore da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche nonché di carburanti prodotti da coltivazioni vegetali provenienti prevalentemente dal fondo effettuata dagli imprenditori agricoli». Insomma, si colpisce – come si vede dalle fonti elencate – un settore che produce energia alternativa a quella classica.

Fino a oggi, l’imponibile di queste imprese era calcolato in base alla rivalutazione delle rendite catastali dei terreni, e le entrate generate dalla produzione di energia confluivano nella voce generica di «reddito agricolo»: la tassazione risultava quindi favorevole, pressoché bassa. Con il decreto, oggi, si dispone appunto che quelle entrate siano distinte dalle altre voci e tassate al 25%.

Secondo i dati del Gestore dei Servizi Elettrici, nel 2013 – dice ancora la relazione allegata al decreto – il fatturato complessivo che verrà tassato è pari a circa 616,5 milioni di euro, così ripartiti: 1) produzione di fotovoltaico pari a circa 110 milioni di euro; 2) circa 500 milioni di euro sono riferibili al ricorso a biomasse/biogas per la produzione agricola o per l’utilizzo di liquami zootecnici; 3) produzione di biocarburanti – ottenuti da vegetali provenienti prevalentemente dal fondo – per circa 6,5 milioni di euro.

Agrinsieme – associazione che riunisce Cia, Confagricoltura, Alleanza coop agroalimentari – si dice allarmata: «Dopo il decreto “Destinazione italia”, che ha ridotto pesantemente i prezzi minimi di vendita dell’energia elettrica da fonti rinnovabili – spiegano – l’aggravio fiscale previsto con il provvedimento approvato dal governo rischia di compromettere definitivamente l’equilibrio economico-finanziario delle imprese agricole che hanno investito nel settore delle rinnovabili».

I Cinquestelle, dal canto loro, difendono soprattutto i piccoli e micro produttori: «Vorremmo che non fossero penalizzati quelli che installano ad esempio il fotovoltaico sui tetti – dice il gruppo della Commissione Attività produttive della Camera – Andrebbero distinti dalle grosse realtà che invece installano i pannelli a terra, speculando e causando un forte consumo del suolo».