Glauco Mauri è oggi un fondamento del teatro italiano. Un maestro vero, che pure continua con umiltà a produrre progetti e spettacoli per faticose tournée (dopo l’Eliseo a Roma, ora a Treviso fino a domani, e poi a Trento, Foggia, Bari e Catania). Quest’anno si dedica al personaggio di Edipo, cui dedica una densa serata con due testi diversi che su quel mitico uomo si incentrano. Entrambi scritti da Sofocle, rispecchiandone però momenti e consapevolezza diversi: Edipo re vede il grande «peccatore» alla ricerca della verità sulle proprie colpe e il proprio destino, Edipo a Colono lo coglie invece alla fine della sua esistenza, in piena consapevolezza, assistere agli errori (per colpa o ignoranza non importa) di coloro che attorno a lui ruotano, schiacciati dalle paure o dal potere che vogliono afferrare.

Per proporre queste due facce simmetriche e opposte della condizione umana, Mauri ha voluto che diverso fosse il segno delle due narrazioni. Ha preso nelle proprie mani la regia (e soprattutto il personaggio protagonista) dell’Edipo a Colono, mentre ha voluto un regista più giovane per l’Edipo re, Andrea Baracco. Così che i toni, e i «colori» dei due spettacoli fossero differenti: oscuro, enigmatico e legato a una cultura ancestrale quello che è cronologicamente il primo, chiaro e netto (pur in un luogo di sacri misteri come Colono) l’altro.

I cast dei due racconti si intrecciano e si scambiano, così che Mauri sia nel primo Tiresia, mentre protagonista è Roberto Sturno, che impersona poi il Messo a Colono. Differenti invece gli autori dei suoni che accompagnano i due percorsi, Germano Mazzocchetti e Giacomo Vezzani. E la diversità dei due impianti scenici, sonori e interpretativi rappresenta bene l’alterità delle due condizioni umane, utile per chiunque (non solo gli studenti) voglia comprendere quel tragico cammino verso una impossibile libertà. Che con maggiore nettezza risalta nella seconda parte, dopo qualche minacciosa oscurità nella prima.