Il vociare degli studenti ginnasiali del Parini, che alla spicciolata entrano nei resti dell’anfiteatro romano di via De Amicis, nei pressi delle colonne di San Lorenzo a Milano, ricorda il pubblico dell’antica Roma che si recava ad assistere agli spettacoli gladiatori, quel pubblico che oggi, ancora vociante, varca i cancelli di San Siro, ma potrebbe essere lo stadio di qualsiasi città del mondo, per osservare-tifare la propria squadra dai colori nerazzurri o rossoneri, colori di due squadre che hanno segnato la storia del calcio nazionale e internazionale negli anni Sessanta del secolo scorso. Erano gli anni del boom economico, che consentirono di vivere il benessere anche a quella manovalanza proveniente dal sud Italia e impiegata come forza lavoro nelle fabbriche del triangolo industriale, che sfuggita alla fame poteva fare da contorno alle dispute gladiatorio-calcistiche di Milan e Inter a San Siro.

CAMPIONI D’EUROPA
Il decennio degli anni Sessanta si concludeva con la vittoria della nazionale azzurra agli Europei di calcio nel 1968. Non pochi tra i protagonisti di quella stagione azzurra furono i calciatori provenienti dalle due squadre milanesi: Tarcisio Burgnich, Angelo Domenghini, Giacinto Facchetti, Sandro Mazzola dalla sponda nerazzurra, Gianni Rivera, Pierino Prati, Roberto Rosato e Giovanni Lodetti provenienti dalle file della squadra rossonera. Due anni dopo e con il secondo posto al mondiale del 1970 in Messico alla spedizione azzurra per parte interista si aggiunsero Lido Vieri, Mario Bertini e Roberto Boninsegna, mentre restarono invariati i nomi dei calciatori del Milan. Lo scrittore Luciano Bianciardi, che nei primi anni di quel decennio pubblicava La vita agra, così scriveva di quei calciatori sul Guerin Sportivo diretto da Gianni Brera: «L’elegantissimo Rivera, l’acuto Mazzola, il generoso Domenghini, il forte Boninsegna,il tenace Burgnich». Tifava Milan come seconda squadra, l’anarchico Bianciardi, che essendo toscano aveva il cuore che batteva per la Fiorentina, e si rammaricava quando le sorti erano avverse alla squadra rossonera: «Rivera se la prende con Rocco e viceversa. Il povero Benetti continua a subire la fama di sicario, mentre in realtà è solo un ragazzo forte e un poco scoordinato. Rosato è sull’aventino in attesa che gli aumentino la paga. Insomma, amici, i rossoneri (ma non anarchici) del Milan sono nei guai».

URBICUS
A interpretare con creatività quegli anni è l’artista romano Franco Cenci, con la sua personale dal titolo eloquente: GladiAttori, giochi e battaglie di calcio a Milano negli anni Sessanta, curata da Manuela De Leonardis (fino al 6 maggio presso il Parco dell’Anfiteatro romano e dell’Antiquarium Alda Levi, in via De Amicis 17 a Milano). Il catalogo, oltre alle opere di Franco Cenci, riporta testi scritti da Manuela De Leonardis, Antonello Catacchio, Carlo Alberto Bucci e Gabriele Polo. Il tema individuato dall’artista riguarda il gioco, relazione tra antichità e modernità, ispirato dallo studio della Collezione dell’Antiquarium, in particolare della stele di Urbicus, che narra – attraverso le immagini e le parole – la storia di un gladiatore che perse la vita combattendo proprio all’interno dell’anfiteatro romano, capace a quei tempi di ospitare un pubblico di circa ventimila spettatori. Nell’antica Roma dei circenses, Urbicus aveva il compito specifico dell’inseguitore (secutor) nel combattimento gladiatorio, nella Milano degli anni Sessanta quel compito spettava al nerazzurro Angelo Domenghini e al rossonero Giovanni Lodetti.

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HERRERA E ROCCO
In un passaggio repentino di secoli, come quei cross che colgono i giocatori della squadra avversaria di sorpresa e mettono il centravanti solo davanti al portiere, Franco Cenci costruisce le sue opere intorno al gioco, dagli spettacoli circensi e gladiatori fino alla Scala del calcio che ospita le dispute dell’ars pedatoria. L’artista romano illustra la rivalità calcistica tra le due squadre milanesi, allenate in quegli anni da Helenio Herrera e Nereo Rocco, che su panchine contrapposte si giocano il derby ideale, l’Inter del 1965 vincitrice della Coppa dei Campioni, rispondente all’attuale Champions, e della Coppa Intercontinentale contro il Milan della stagione 1968-69 che vince la Coppa dei Campioni. Furono anni intensi non solo per i tifosi che a San Siro assistevano alle partite, ma anche per i molti sparsi in Italia, tanto da spingere Franco Cenci, di indubbia fede giallorossa, a concentrare le sue opere su quel periodo: «A Roma da ragazzi giocavamo a pallone in mezzo alla strada, le auto erano così poche che passavano ogni tanto. Helenio Herrera e Nereo Rocco erano personaggi popolari così forti da trascinare non solo una città come Milano, ma l’intera Italia calcistica».

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All’inaugurazione della mostra GladiAttori è intervenuta Fiora Gandolfi, moglie di Helenio Herrera, ricordando come suo marito scrivesse in maniera ossessiva di tutto, dalle norme che i calciatori dovevano rispettare in campo a quelle che dovevano regolare la vita del figlio, al quale aveva prospettato una carriera calcistica o di allenatore. Annotava su un quaderno tutto ciò fosse frutto della sua esperienza di giocatore, non proprio di livello, fino a quel che riguardava il mestiere di allenatore affermato a livello internazionale. Ma il figlio gli rispose che non aveva la sua passione calcistica, e che nonostante i buoni viatici non sarebbe andato oltre la serie B: oggi è un affermato ingegnere nucleare che lavora negli Stati Uniti.

Tra le opere di Franco Cenci in esposizione, segnaliamo l’alfabetiere con i giocatori di Inter e Milan che parteciparono alle due finali della Coppa Intercontinentale, tre vetrine con i collages dedicati a episodi della vita di giocatori e allenatori delle due squadre, i ritratti in ceramica di alcuni protagonisti, i giochi ispirati al calcio, una galleria fotografica con teeenagers calciatori (dietro cui spunta l’ombra del «gladiatore» di un tempo) e l’installazione con due letti e le figure dormienti degli atleti.

LE COPPE E LE BOMBE
Il confine temporale del racconto artistico è il 1969, un anno significativo per Milano: sul piano calcistico si chiude il ciclo delle vittorie sportive del Milan con la conquista della Coppa Intercontinentale, nell’arena dell’Estudiantes, sul piano politico con la strage di Piazza Fontana del 12 dicembre. Fu l’inizio di un periodo problematico per Milano e per l’Italia, aprì la stagione della strategia della tensione, messa in atto dai servizi segreti deviati e dalla destra neofascista, per arginare le lotte e le conquiste del movimento operaio e del movimento studentesco, una lunga scia di sangue che da Piazza Fontana si estese a Piazza della Loggia a Brescia fino alla bomba sul treno Italicus Roma- Brennero nel 1974 e all’esplosione di Bologna, nell’agosto del 1980.