Lanciando una nuova manifestazione per sabato 20 novembre insieme agli studenti, le tute blu Gkn dicono di non essere troppo preoccupate dalla direttiva Lamorgese, comunque definita da Dario Salvetti «autoritaria e furbesca», perché in questi quattro mesi di vertenza e di cortei l’intera cittadinanza dell’area fiorentina è sempre stata al fianco degli operai. Al tempo stesso il Collettivo di Fabbrica, con un lungo intervento su facebook, lancia una proposta per il recupero di una serie di stabilimenti in dismissione o a rischio chiusura. Un progetto per la creazione di un polo pubblico che effettui ricerca nel settore auto, per nuove tecnologie ad emissioni zero.

Il Collettivo chiede così la nazionalizzazione della fabbrica, nell’ambito di «un piano complessivo, pubblico, di costruzione di un polo di mobilità sostenibile che parta dagli stabilimenti Stellantis in dismissione, passi per le acciaierie, arrivi a Gkn, recuperi la ex Irisbus e Bekaert, che si basi su ricerca e brevettazione pubblica di auto realmente ad emissioni zero, esplorando tecnologie alternative alla stessa auto elettrica la quale determina, potenzialmente, una follia estrattiva. Si creino task force per la reindustrializzazione pubblica nelle università, si stimolino brevetti pubblici, si trasformi da subito Gkn in un laboratorio socialmente e produttivamente integrato con tutto questo».

Non viene dimenticata la spada di damocle di una nuova procedura di licenziamento collettivo dei 422 addetti diretti di Campi Bisenzio: «Gkn ha fatto sapere che non riaprirà la procedura di licenziamento a novembre, questo implica che si prepara a farlo a dicembre. Ma se Gkn la riaprirà promettiamo rabbia, per le strade e per le piazze. E scusaci Firenze per qualsiasi disagio».

Infine, quanto alla trattativa al Mise, gli operai Gkn offrono la loro chiave di lettura: «Possiamo sperare in un buon accordo in sede ministeriale? Certamente, cercheremo di ottenerlo. Ma il passato è pieno di casi in cui le stesse multinazionali hanno violato e si sono rimangiate accordi firmati. Non è questa la storia di Whirlpool? Possiamo allora affidarci all’ammortizzatore per guadagnare tempo? Potrebbe essere un passaggio necessario. Ma la storia del paese non è forse pieno di aziende cotte a fuoco lento e poi chiuse a suon di ammortizzatori?».

Per certo, chiude il Collettivo di Fabbrica, «l’azienda non ha alcun interesse a lasciare uno stabilimento in continuità produttiva. E la recente storia è piena di aziende morte in attesa del compratore che è sempre dietro l’angolo ma non arriva mai. Noi non vogliamo attendere, né essere prima campati e poi soppressi ad ammortizzatore. Chiediamo di essere nazionalizzati e di essere rimessi al lavoro». Anche se non ci si fanno troppe illusioni: «Anche in questo caso facciamo i conti con le vergognose nazionalizzazioni di Mps, Ilva, Alitalia: nazionalizzazioni a perdere, o peggio usate come nel caso di Alitalia per una operazione di ricatto sociale».