«Siamo alla settimana decisiva», «siamo all’ultimo miglio». Il ministro della giustizia Bonafede ce la mette tutta per spingere la sua riforma dei riti, civile e penale. D’altronde con lo stesso slancio l’aveva annunciata per gennaio, poi per febbraio. Ma il traguardo non è dietro l’angolo. Soprattutto in materia penale, dove la tagliola della cancellazione della prescrizione dopo il primo grado è adesso un po’ più vicina (1 gennaio 2020). Sia magistrati che avvocati la considerano assai dannosa, se non accompagnata da misure in grado di velocizzare sul serio i processi. Magistrati e avvocati, però, dopo aver fatto qualche passo insieme verso la definizione dei punti qualificanti della riforma – individuando di comune accordo tre aree di intervento, i riti alternativi, l’udienza preliminare e la depenalizzazione – sono tornati a dividersi alla vigilia dell’incontro che il ministro vorrebbe definitivo, domani. Con il rischio che se oggi, a quattr’occhi, i presidenti di Anm e Unione della camere penali non riusciranno a recuperare il dialogo, Bonafede possa portare il disegno di legge delega di riforma in Consiglio dei ministri senza l’accordo di una o entrambe le categorie degli operatori della giustizia.

Non ha aiutato la bozza in trentuno punti che gli uffici del ministro hanno fatto avere alle parti, sulla quale il Comitato direttivo centrale dell’Anm si è affrettato a esprimere un suo parere – in larga parte favorevole – senza concordarlo con i penalisti. Le motivazioni ufficiali parlano di «doverosa collaborazione con le istituzioni», quelle ufficiose di una giunta prossima alla scadenza che è interessata a mettere la firma su un accordo. Anche perché la prossima guida dell’Anm – toccherà alla corrente più a destra, Mi – non si annuncia facilmente unitaria e non sarà certo più attenta alle garanzie. Domenica un documento dell’Unione camere penali ha duramente reagito alla mossa dell’Anm, bollandola di «populismo giudiziario» e «burocratico efficientismo», senza evitare di accusare l’Anm di collateralismo ai 5 Stelle: «L’Anm si inserisce a pieno titolo nell’orizzonte politico-culturale che ispira l’attuale maggioranza e il ministro». «Noi condividiamo in pieno la battaglia per la ragionevole durata del processo – dice il presidente dell’Ucpi Giandomenico Caiazza – perché è un diritto dell’imputato e non una semplice regola di buona organizzazione. Ma non consentiremo che vengano manomesse le garanzie fondamentali, tra le quali il pieno esercizio del diritto a impugnare le sentenze di condanna».

Nei punti proposti dal ministero e in buona misura approvati dall’Anm – anche perché non di rado ripresi dalle proposte della magistratura – c’è invece l’ampliamento dei casi di inappellabilità, assieme all’allargamento del patteggiamento, l’estensione dei giudizi immediati e la reintroduzione dell’appello incidentale del pubblico ministero, cancellato poco più di un anno fa. Non c’è però la misura più temuta dai penalisti, l’abolizione del divieto di riformare in peggio la sentenza di primo grado quando a proporre appello è l’imputato. Nemmeno la replica che arriva agli avvocati dal vertice dell’Anm è tenera, visto che si ricorda come i penalisti non disdegnino di cercare per conto loro intese con l’altra componente della maggioranza, la Lega, sulla separazione delle carriere. Lega che però, contemporaneamente, sta conducendo in porto l’abolizione del rito abbreviato per i delitti punibili con l’ergastolo, una misura che oltre a smentire qualsiasi credenziale di garantismo fa a pugni con il tentativo di sveltire i processi.

La decisione del Comitato direttivo dell’Anm di andare incontro alle richieste del ministro non è comunque piaciuta a tutta la magistratura, il presidente di Md Riccardo De Vito dice infatti che «in futuro si deve tornare a lavorare sulle proposte condivise con avvocatura e accademia, senza rincorrere le accelerazioni asistematiche della politica. Solo così si possono creare le condizioni per coniugare gli obiettivi di efficienza con la pienezza delle garanzie».
Ad avvocati e magistrati «colonne portanti della giustizia italiana» Bonafede chiede «un ultimo sforzo». La riforma del processo penale sarebbe per i 5 Stelle un buon argomento da campagna elettorale. Anche se una legge delega, con i suoi tempi, non riuscirà certo a sveltire i processi, prima che scatti l’abolizione della prescrizione.