Sono ben 456 i sub emendamenti, cioè le proposte di correzione alla riforma del Csm alla quale la ministra Cartabia ha lavorato per mesi riuscendo, di mediazione in mediazione, a farsi approvare il suo testo all’unanimità in Consiglio dei ministri. Ma questo accadeva un mese fa, ieri mattina quando in commissione giustizia alla camera si sono chiusi i termini per i sub emendamenti (il testo del governo ha la forma di un maxi emendamento al vecchio disegno di legge Bonafede) si è avuta la conferma che la strada della riforma sarà parecchio accidentata. Più dell’80% dei sub emendamenti, infatti, sono firmati dai partiti di maggioranza.

Soprattutto da Azione + Europa (68), Lega (60) e Forza Italia (52), che marciano divisi per colpire unite soprattutto su tre punti. Il primo è la separazione di fatto delle carriere di pm e giudici, ci si può arrivare senza cambiare la costituzione prevedendo formalmente una divisione solo delle funzioni ma senza possibilità di cambiarle neanche una volta durante tutta la vita lavorativa del magistrato. È la stessa via tentata da uno dei cinque referendum sulla giustizia e sul punto si può dare per acquisito l’appoggio di Italia viva (che ha firmato un emendamento simile). La stessa maggioranza in commissione, centrodestra più renziani e Azione, ce l’ha sulla carta la proposta di «sorteggio temperato» per l’elezione dei togati del Csm. Cioè l’arma che nelle intenzioni dei sostenitori dovrebbe stroncare per sempre le correnti e che per i contrari – ed era questa la tesi infine accolta dalla ministra Cartabia – non è costituzionale, visto che l’articolo 104 della Carta parla di magistrati «eletti» senza limiti all’elettorato passivo (non sorteggiati). Il terzo punto sul quale la maggioranza potrebbe diventare addirittura travolgendo, perché c’è la convergenza anche dei 5 Stelle, riguarda il ritorno dei magistrati dalla politica alla magistratura. Ritorno escluso definitivamente, secondo le proposte della ministra, solo per le toghe che hanno svolto un mandato elettivo o di governo, mentre per il centrodestra, centristi e grillini l’addio alla toga (e il parcheggio in un ruolo speciale a disposizione dei ministeri) deve riguardare anche le toghe candidate e non elette e quelle impegnati nei gabinetti ministeriali. I 5 Stelle, adesso contrari al sorteggio per l’elezione al Csm, vorrebbero recuperare l’estrazione per la composizione delle commissioni del Consiglio e ripropongono anche l’ineleggibilità al Csm nella quota dei laici di ministri ed ex ministri (entro i due anni).

Da qui la preoccupazione del Pd, che ha presentato pochi sub emendamenti (27), in qualche caso in direzione opposta. «La riforma può e deve essere migliorata, ma non può essere stravolta», dice il relatore Walter Verini. Mentre la responsabile giustizia del partito Anna Rossomando avverte che se si vuole tornare indietro dall’unanimità del Consiglio dei ministri «c’è il rischio concreto dell’affossamento della riforma». Draghi aveva promesso che non avrebbe messo la fiducia su questo disegno di legge, almeno alla camera, ma di fronte a questo rischio non è escluso che il governo sia indotto a ripensarci. Enrico Costa di Azione è già preoccupato: «Draghi non blindi il testo». a. fab.