Altro che «ammainare le bandierine», come ha invitato a fare la ministra Marta Cartabia nella sua intervista del 25 aprile alla Stampa, dove in puro stile Draghi “last call” ha avvertito i partiti della maggioranza che se salta la riforma della giustizia «molto semplicemente non avremo i fondi europei». Quando mancano solo 48 ore al tornante decisivo nella riforma del processo penale, il deposito degli emendamenti al testo base che è ancora quello del ministro grillino Bonafede, i gruppi parlamentari alzano e sventolano tutti i vessilli che hanno a disposizione. Prescrizione, durata dei processi, riti alternativi: le previsioni danno una pioggia di proposte di modifica di segno opposto in arrivo sullo schema di legge delega, quello che pareva urgentissimo quando fu depositato dal governo Conte 2 e che invece è rimasto fermo oltre un anno in commissione alla camera.

Piove dunque sugli auspici alla concordia di Cartabia, ma al ministero della giustizia non per questo ridimensionano le ambizioni. Che sono molto alte: secondo il calendario inserito nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, il disegno di legge delega che riforma il processo penale sarà approvato definitivamente dalle camere entro fine anno. Chi ha seguito la successione delle bozze del Pnrr nell’ultima settimana ha notato una correzione in corsa: la prima versione approdata dal Consiglio dei ministri prevedeva l’approvazione della riforma del processo penale per settembre 2021. La differenza di tre mesi può sembrare poca cosa, in realtà tenendo conto di tutti gli atti successivi che dovranno essere adottati, innanzitutto i decreti delegati e poi i decreti ministeriali e i regolamenti, sposta l’orizzonte della riforma oltre la fine della legislatura. E ne affida dunque la conclusione a un altro governo.

Ma è significativa anche un’altra variazione di date che si coglie tra le bozze e il testo definitivo. In precedenza si parlava del termine del 23 aprile come data di conclusione dei lavori della commissione ministeriale insediata da Cartabia – nel caso del processo penale si tratta della commissione presieduta dall’ex presidente della Corte costituzionale Lattanzi. Era quella anche la scadenza entro la quale i partiti dovevano far arrivare i loro emendamenti. Poi il termine per gli emendamenti parlamentari è stato spostato a venerdì prossimo, 30 aprile, e anche il termine dei lavori della Commissione è stato aggiornato nel Pnrr, spostandolo però all’8 maggio. Accadrà così che i tecnici della ministra avranno otto giorni di tempo per conoscere le carte dei gruppi di maggioranza prima di calare le loro proposte con le quali provare a raggiungere la concordia invocata dalla ministra. Uno stratagemma che, dicono i parlamentari che seguono il dossier, potrebbe essere l’unica maniera per evitare uno scontro frontale tra i lavori della commissione tecnica e quelli della commissione (giustizia della camera) politica.

L’obiettivo resta quello della sintesi. Qualche contatto informale tra i saggi della ministra e i capigruppo in commissione non è mancato, nell’ultima settimana ci sarà anche un incontro formale. Per questo il Pd ieri ha anticipato tutti con una ventina di emendamenti che intervengono anche sul nodo più intricato che resta quello della prescrizione. Dopo la sostanziale abolizione dell’istituto a opera del governo M5S-Lega (la prescrizione non decorreva più dopo la sentenza di primo grado), il governo giallo-rosso aveva corretto un po’ il tiro, limitando lo stop solo ai condannati in primo grado. Soluzione che non soddisfaceva però i renziani e che non piace ai nuovi arrivati in maggioranza, il centrodestra, compresa la Lega in versione “garantista”. Il Pd adesso propone un cambio di prospettiva, sposando la via della prescrizione processuale. Vale a dire che se non saranno rispettati i tempi dei processi richiamati nel ddl Bonafede, che sono quelli della legge Pinto, cioè due anni per l’appello, scatterà uno sconto di un terzo della pena per chi è stato condannato in primo grado. O l’improcedibilità nel caso di assoluzione in primo grado o di sforamento di oltre 4 anni. Lo schema non è troppo distante da quello che annuncia il rappresentante di +Europa-Cambiamo Costa. E potrebbe così orientare i tecnici della ministra in una direzione lontana dai 5 stelle e da Bonafede che fu.