Il Parlamento europeo si schiera al fianco dell’Italia nel chiedere verità e giustizia per Giulio Regeni. Con una risoluzione approvata ieri, Bruxelles denuncia le autorità egiziane per aver ostacolato le indagini sulla morte del ricercatore friulano e condanna le continue violazioni dei diritti fondamentali in Egitto, in particolare la libertà di espressione, di associazione e lo Stato di diritto.

Una presa di posizione importante, che arriva all’indomani della lettera di invito al Cairo per un incontro inviata al procuratore capo di Roma, tramite ambasciatore, dal procuratore generale egiziano Hamada al Sawi, «al fine di confermare la volontà di fare progressi nel campo della cooperazione giudiziaria tra i due Paesi nelle indagini sul caso Regeni».

Li chiama «progressi», il magistrato cairota, ma dal 2016, da quando Giulio Regeni venne torturato e ucciso in Egitto, le indagini sono ferme mentre i depistaggi sono continuati. Motivo per il quale un anno fa il parlamento italiano ha sospeso le relazioni diplomatiche con quello egiziano. Dal novembre dello scorso anno, quindi, non c’erano più contatti tra le due procure e, malgrado la ripresa del dialogo fosse stata sollecitata dallo stesso ministro degli Esteri Luigi Di Maio – il quale naturalmente ha accolto «positivamente» la notizia e l’ha divulgata – per la famiglia Regeni si tratta solo dell’ennesima «presa in giro».

Nella risoluzione, i deputati europei hanno denunciato la mancanza di un’indagine credibile e di un’assunzione di responsabilità, e hanno ribadito alle autorità egiziane la ferma richiesta di fare luce su quanto accaduto e punire i responsabili. Il testo invita poi i Parlamenti degli altri Paesi Ue a interrompere le relazioni con l’Egitto, seguendo l’esempio dell’Italia, e sottolinea che la situazione dei diritti umani nel Paese di Al Sisi giustifica un riesame delle relazioni e del sostegno finanziario che la Commissione Ue offre al Cairo.