«Io personalmente non firmo i referendum sulla giustizia – ha detto ieri Enrico Letta – ritengo che la via parlamentare sia quella giusta. Ma il Pd è un partito plurale e non una caserma: è possibile una scelta individuale». Altro che. Dopo l’annuncio di appoggio all’iniziativa dei radicali e della Lega di Goffredo Bettini, che ieri ha ribadito come a suo parere ci sia «ancora molto da fare per una riforma organica e la mia posizione può aiutare un cambiamento profondo della nostra giustizia malata», altri dirigenti del partito democratico si fanno avanti. Il sindaco di Bergamo Giorgio Gori, che sceglie fior da fiore e fa sapere che firmerà tre quesiti su cinque: «Quello sulla carcerazione preventiva, quello sulla separazione delle carriere (in realtà funzioni, ndr) e quello sulla legge Severino». Restano fuori altri due quesiti abrogativi, quello sulla responsabilità civile dei magistrati e quello sulle firme per la presentazione delle candidature al Csm. Non annuncia distinzioni invece Massimiliano Smeriglio, europarlamentare indipendente del Pd, che firma per «non lasciare la critica della mala giustizia nelle mani della destra, un compito politico preciso». Scelta sbagliata secondo il presidente dem della prima commissione del senato Dario Parrini: «I referendum sono errati nel merito e nel metodo». E per Alfredo Bazoli, deputato capogruppo del Pd in commissione giustizia, Bettini sbaglia per «ansia da prestazione» garantista che il Pd non ha «alcuna necessità di dimostrare».