I sei referendum sulla giustizia promossi da radicali e leghisti «non sono un ostacolo» per le riforme del settore che faticosamente la maggioranza sta portando avanti. Questo perché «i due percorsi procedono paralleli ciascuno lungo binari destinati a non incrociarsi». I temi al centro dei quesiti referendari, poi, «lambiscono solo in modo marginale l’oggetto delle riforme legislative in tema di ordinamento giudiziario su cui il parlamento sarà chiamato nei prossimi mesi a intervenire».

È come se Marta Cartabia avesse mandato un estintore, più che un messaggio di auguri all’Associazione nazionale magistrati che l’aveva invitata alla presentazione della nuova serie della rivista La Magistratura il cui primo numero si occupa del tema incendiario dei referendum. Tema scottante per i magistrati e incendiario per la maggioranza di Draghi. Che già litiga sufficientemente e la prossima primavera dovrà affrontare una campagna elettorale sul tema giustizia dividendosi tra favorevoli al Sì (il centrodestra e Italia viva) e sostenitori del No (Pd, M5S e Leu). La ministra ha ben chiaro come in quello stesso periodo il governo (lei) si troverà a dover scrivere i decreti legislativi che sono il cuore delle riforme del processo civile e penale, oltre ché le norme sull’ordinamento giudiziario (e i magistrati, se tutto va come deve, saranno proprio allora in campagna elettorale per il nuovo Csm), si porta avanti e usa l’estintore. I referendum, garantisce Cartabia, non sono un grosso problema. Andranno avanti per conto loro.

L’Associazione magistrati è in realtà assai preoccupata, soprattutto per due quesiti spiega il presidente Santalucia: il quesito che punta a una rigida separazione delle funzioni di pm e giudici e il quesito che introduce la responsabilità civile diretta delle toghe. Quest’ultimo, secondo i costituzionalisti chiamati ieri a convegno dall’Anm, potrebbe essere dichiarato non ammissibile dalla Corte costituzionale (lo sostiene Caravita di Torrito). Ma non è l’unico quesito che rischia di cadere, secondo Gaetano Silvestri più d’uno è destinato a essere bloccato dai giudici delle leggi. «Assistiamo a un uso distorto – dice Silvestri, che è stato presidente della Corte costituzionale – i referendum vengono usati come strumento di lotta politica». Particolarmente temuto il referendum che abrogando una parte della legge Vassali introduce la responsabilità civile diretta dei magistrati. «Una forma di intimidazione del giudice – spiega Silvestri -, con la responsabilità diretta ogni processo ne genererebbe un altro e a essere incentivato sarebbe il conformismo difensivo dei magistrati». Contrario a questo referendum è anche il maestro di diritto penale Giovanni Fiandaca, ostile anche al quesito sulla custodia cautelare e invece per nulla preoccupato da quello sulla separazione delle funzioni.

Ma a ben vedere l’urgenza è un’altra. Sottolineata da Santalucia e richiamata dal vicepresidente del Csm Ermini: la riforma del sistema di voto del Consiglio superiore si fa troppo attendere. La maggioranza è, inutile scriverlo, divisa. Eppure la ministra assicura: «È necessario portarla a termine prima delle prossime elezioni del Csm», a luglio. Anche se non basterà. Nel suo saluto, il presidente della Repubblica scrive la magistratura ha bisogno di niente di meno che «una rigenerazione etica».