Arrabbiata, delusa. Giusi Nicolini quando ha saputo di aver perso è sparita per ore. E’ andata nel suo ufficio, ha recuperato parte delle sue cose e si è eclissata. Troppo cocente la sconfitta nella sua Lampedusa, l’isola che in cinque anni ha portato in giro per il mondo, persino alla Casa Bianca, facendo parte della squadra delle eccellenze che l’allora premier Matteo Renzi portò con sé nella sua visita a Barack Obama.

L’ultimo riconoscimento alla sindaca Nicolini era arrivato dall’Unesco appena due mesi fa per avere «salvato la vita» a numerosi migranti e per averli «accolti con dignità». Per questo è diventata un simbolo. Ma non è bastato per assicurarle la rielezione.

E’ arrivata addirittura terza, dietro al vincitore Totò Martello, vecchia guardia della sinistra e leader dei pescatori, e a Filippo Mannino, di professione assicuratore, vicino ai 5stelle.

«Mi sono ricandidata perché ci tenevo a completare il lavoro avviato in questi cinque anni, non è stato possibile. E sono convinta che non siano state le posizioni in tema d’accoglienza che hanno prodotto questo risultato», dice con amarezza dopo avere metabolizzato la rabbia. «In questi anni abbiamo sconfitto l’emergenza immigrazione e siamo riusciti a dare spazio al turismo», aggiunge. E’convinta che «le ragioni della sconfitta vanno ricercate altrove: sul futuro delle isole, sull’uso del territorio, sull’espansione edilizia e la lotta alla corruzione». «Stavamo facendo un grande lavoro, non è stato apprezzato», si rammarica.

In campagna elettorale spesso i suoi avversari le hanno contestato di ambire più a premi e riconoscimenti che a occuparsi delle questioni che stanno a cuore agli abitanti di Lampedusa e Linosa. «Mi hanno attaccato tutti per questo, ma ho solo portato il nome di Lampedusa nel mondo – controbatte – Non ho fatto alcuna carriera politica, ho rifiutato la candidatura alle europee nell’aprile del 2014. La volontà di ricandidarmi a sindaco dimostra il contrario. Papa Francesco è venuto a Lampedusa per Lampedusa, non per il sindaco; il presidente della Repubblica perché sono stata brava a organizzare l’inaugurazione del museo».

E ancora: «Se avessi voluto utilizzare la mia visibilità in termini personali non mi sarei neppure ricandidata a sindaco, avrei perseguito la carriera politica e non avrei nemmeno subito l’umiliazione della sconfitta».

Forse avere accettato l’ingresso nella segreteria di Renzi pochi giorni prima del voto è stata una mossa sbagliata. Nel Pd, Nicolini non ha tanti amici. Il suo avversario più fiero è stato proprio il neo sindaco Martello, schierato contro Renzi e legato agli ex Ds. Sempre critico nei suoi confronti: «Pensa alla sua immagine, non ha contatti con il paese».

Con Martello si è ritrovato un altro simbolo dell’isola, Pietro Bartolo, il medico protagonista del film «Fuocoammare». Bartolo, ricorda però Nicolini, è stato assessore con Martello 20 anni fa ma anche con Bernardino de Rubeis (Mpa), sindaco dal 2007 al 2012, condannato a sette anni dal tribunale di Agrigento per una storia di tangenti.

Oltre a confrontarsi con il «fuoco amico» di Martello, l’ex sindaca si è ritrovata sulla propria strada Filippo Mannino e Angela Maraventano, che qui dà voce alla Lega di Salvini, di cui è stata senatrice, e si batte per fare diventare Lampedusa una «zona franca». Ma mentre Maraventano ha raccolto solo il 6 per cento, Martello s’è attestato al 40 per cento e Mannino vicino al 30.

Nicolini è giunta solo terza, con il 24,38 per cento. Poco per un simbolo noto in tutto il mondo.

Si consola leggendo il post di Renzi su Fb: «Grazie Giusi, in politica si può vincere e si può perdere, ma la qualità dei rapporti umani non viene mai meno». E annuncia: «Lavoreremo insieme nel Pd, avanti insieme».