Ad essere arroganti e insensibili alle sorti della città come il cerchio magico che ruota intorno al sindaco Raggi, verrebbe da dire che a settembre potranno dare una concreta risposta al baratro che sta inghiottendo la capitale inaugurando il cantiere del nuovo stadio della Roma. Nessuna delle questioni strutturali che stanno alimentando la spirale di pessimismo e di abbandono di prospettiva è stata infatti affrontata, ma per lo stadio è stato messo in campo un fuoriclasse come l’avvocato Lanzalone approdato in men che non si dica dopo il brillante sblocco della questione calcistica al vertice di Acea.

Questa città è assetata di trasparenza e il sindaco dovrebbe dire alla popolazione romana come è arrivato in Campidoglio l’illustre avvocato.

Stesso discorso vale per Rota: oggi è un reietto e un traditore ma sarebbe bello conoscere chi ha deciso che fosse l’uomo giusto per una partita difficile come quella dell’Atac. Insomma, ha ragioni da vendere l’assessore all’economia Mazzillo nell’affermare a Sergio Rizzo (Repubblica di ieri) che le decisioni importanti si prendono lontano da piazza del Campidoglio, in luoghi segreti e non democratici. Per un movimento che aveva fatto della trasparenza uno dei punti di forza dell’attività politica siamo al fallimento più catastrofico. Nulla, purtroppo, di fronte al fallimento di merito. Vedremo se ne usciranno – come al solito – chiedendo le dimissioni del coraggioso assessore.

Nel primo anno di vita di ogni amministrazione si impostano le questioni più importanti da affrontare negli anni successivi. Iniziamo dal deficit di bilancio che sta strozzando la città: il bravissimo Minenna aveva iniziato ad affrontare la questione della ricontrattazione con i creditori. Mandato via dalla irresponsabile azione del cerchio magico e di Raffaele Marra e (uno dei trenta mila dipendenti, si disse!) tutto è tornato nelle nebbie. Per avere almeno una boccata di ossigeno economico doveva essere chiesto al governo il «patto per Roma» come hanno perseguito tutte le grandi città e come si tentò di lanciare dalle pagine del Manifesto. Nulla da fare: ci si trastulla in azioni giudiziarie contro l’amministrazione centrale che – al di là del merito – non aiutano certo i rapporti istituzionali.

Altro dossier da affrontare era la questione della casa e l’avvio del processo di uscita dall’emergenza abitativa chiesto da anni. Mazzillo ha rimesso la delega perché ha toccato con mano la mancanza di volontà di affrontare con la necessaria autorevolezza la vicenda, una insensibilità testimoniata anche dalla scandalosa assenza di un assessore al ramo: a proposito, per nominare il capo di gabinetto che manca da un anno, quanto tempo vogliono impiegare ancora Grillo e Casaleggio? Con il crac dell’Atac paghiamo un debito vecchio, quello di una città che è cresciuta a dismisura e non può più garantire il servizio di trasporto alle le periferie lontane.

Le risposte – risibili- sono la metro «C» al Colosseo, le piste ciclabili e le funivie. Sul tema dell’acqua si è infine giocata una cinica partita politica sulle spalle dell’ecosistema di Bracciano, sacrificato dalla ragion di stato. La tanto sbandierata svolta del ciclo dei rifiuti si è infine infranta sulla vicenda di Rocca Cencia, dove i cittadini assistono sgomenti a decisioni che li danneggiano prese da chissà chi e chissà dove.

Il New York Times ha posto la questione idrica romana in prima pagina. Segno di una crisi spaventosa che rischia di travolgerci tutti. In momento come questo una giunta che non abbia perso completamente la sua capacità di governo dovrebbe avere il coraggio di coinvolgere la città nella disperata opera di salvare la capitale dal baratro. Lì troveranno competenze e disinteresse, il contrario degli oscuri personaggi caratterizzati dall’incompetenza. Lascino perdere infine le lotte intestine e ripristino la democrazia nell’aula Giulio Cesare fin qui calpestata da commissari e proprietari del movimento. Insomma, o c’è uno scatto d’orgoglio o davvero c’è da temere per il futuro della città.