C’è la giurista Daria de Petris che davanti al dolore di una donna dietro le sbarre non riesce a trattenere le lacrime. C’è il costituzionalista di lungo corso Giancarlo Coraggio, abituato ai quesiti dei suoi studenti, che improvvisamente si sente in difficoltà nel rispondere perché «le vostre domande vi riguardano direttamente». C’è il presidente Giorgio Lattanzi che si intenerisce al cospetto dei bambini reclusi con le loro mamme. C’è la vicepresidente Marta Cartabria che tenta di spiegare la contraddizione tra gli ideali fissati nella Carta e la realtà. C’è Giuliano Amato che quei ragazzi finiti sulla strada sbagliata se li riporta in autostrada a Roma, per farli entrare nel tempio della Costituzione.

Ci sono insomma i giudici della Corte Costituzionale che perdono le loro sicurezze nell’incontro con i detenuti, le detenute, le trans costrette nei bracci maschili, gli uomini che hanno una dignità malgrado 29 anni di vita in carcere di cui 12 a regime duro, le agenti penitenziarie che «non possiamo farci coinvolgere perché altrimenti non lavoriamo più», e le donne malavitose che «non rinnego nulla perché fare le rapine, spacciare, usare le armi, stare su piazza, ti dà un’adrenalina come niente al mondo».

Senza dogmi, le loro storie tragiche e cattive riacquistano dignità, nel film prodotto da RaiCinema che questa sera sarà presentato all’Auditorium Parco della Musica di Roma, alla presenza del capo dello Stato, Sergio Mattarella, dei giudici della Consulta e del regista Fabio Cavalli. Andrà poi in onda il prossimo 9 giugno in seconda serata all’interno dello Speciale Tg1 Rai 1. Ma dovrebbero proiettarlo nelle scuole, il docu-film Viaggio in Italia, girato in sette Istituti penitenziari italiani (Rebibbia a Roma, San Vittore a Milano, il minorile di Nisida, Sollicciano a Firenze, Marassi a Genova, Terni, Lecce sezione femminile) durante la visita di altrettanti giudici quando, durante lo scorso anno, in occasione del settantennale della Costituzione, l’intera Corte decise di uscire dal Palazzo della Consulta e iniziare un viaggio nell’Italia vera.

Cominciando dagli ultimi, dai carcerati. Perché, come ebbe a dire il presidente Lattanzi quando nell’ottobre 2018 inaugurò a Rebibbia un’iniziativa senza precedenti al mondo, vista in streaming da 11 mila detenuti, «i nostri padri costituenti avevano conosciuto nel Ventennio fascista la mortificazione del carcere, e dietro la Carta costituzionale ci sono tante persone che sono state detenute». E perché siamo ancora nella civiltà di Voltaire. Malgrado Salvini.