Per capire quanto l’attacco sferrato da Matteo Salvini contro i giudici che gli hanno dato torto su sicurezza e migranti abbia poco a che fare con il rispetto delle leggi invocato dal ministro degli Interni e sia invece sopratutto politico, basta ascoltare quanto ha detto ieri la presidente della Corte d’Appello di Firenze, Margherita Cassano: il Viminale, ha spiegato, poteva costituirsi in giudizio nella causa a Firenze del richiedente asilo per la sua iscrizione all’anagrafe, ma non ha esercitato questa facoltà comportando la decadenza.

Il risultato è che adesso, dopo gli attacchi del ministro leghista, la giudice Luciana Breggia del tribunale di Firenze, «colpevole» di aver scritto le motivazioni della sentenza che ha fatto infuriare Salvini, per Cassano è vittima di un «linciaggio morale» ed è «esposta per i gravi attacchi subiti a pericolo per la sua incolumità», vista soprattutto «la risonanza mediatica e l’effetto moltiplicatore della galassia dei social». Motivo per cui Cassano ha chiesto l’intervento del Consiglio superiore della magistratura a tutela della giudice finita nel mirino.

Non è bastata quindi a calmare le acque la parziale marcia indietro fatta due sere fa da Salvini quando, dopo aver passato la giornata ad accusare tre donne giudice di approfittare del loro ruolo per fare politica, a sera in televisione aveva ridimensionato la portata dell’attacco: «Sarei matto se volessi indagare sulle idee dei magistrati». Poteva essere una mano tesa verso le toghe, un modo per chiudere la vicenda, ma non sarebbe stato nello stile del leghista, Che infatti ieri è tornato all’attacco, seppure con toni solo in apparenza più moderati: «Proprio per rispetto nei confronti del 99 per cento dei giudici che lavorano obiettivamente – ha detto intervenendo su Canale 5 – è doveroso segnalare quei pochissimi che utilizzano la toga per fare politica non applicando le leggi approvate dal parlamento, chi scrive libri, chi va a convegni a favore delle porte aperte per l’immigrazione. È normale che un giudice va ad un convegno che è uno spot per l’immigrazione di massa e poi giudica la politica del ministero dell’Interno?».

Per Salvini un giudice non dovrebbe avere la possibilità di esprimere pubblicamente le sue idee. Una visione che non trova d’accordo la presidente della Corte d’Appello di Firenze Margherita Cassano, che difende invece il «diritto di ogni magistrato, in nome della libertà di manifestazione del pensiero costituzionalmente sancita, di partecipare alle iniziative culturali. E’ il fondamento di ogni Stato democratico».

A difesa di un ’altra giudice finita ne mirino del Viminale, in questo caso la presidente della prima sezione civile di Bologna, Matilde Betti, che aveva accolto il ricorso presentato da due richiedenti asilo disponendone l’iscrizione all’anagrafe, è intervenuto il procuratore capo di Bologna Giuseppe Amato convinto «che il magistrato tendenzialmente non possa essere tacciato di avere pregiudizi». Spiegando poi che «le decisioni, come facciamo noi se non le condividiamo, si impugnano e questo è l’unico mezzo di contestazione rispetto a una decisione ce si ritiene legittimamente sbagliata e non condivisibile o meritevole di censura».

Sulla vicenda interviene anche il consiglio di presidenza di Giustizia e Libertà con una nota allarmata di fronte alla notizia di promuovere indagini sulle opinioni dei magistrati e su eventuali liste di proscrizione. «Ricordiamo al ministro Salvini che l’Italia è uno Stato di diritto – è scrittonel comunicato -, in cui vige il principio che anche gli atti del governo sono soggetti al sindacato della magistratura quanto alla loro legittimità. Il ministro Salvini sembra ignorare anche altri principi cardine della dello Stato di diritto, quelli che sanciscono la separazione dei poteri e la loro pari dignità e l’indipendenza della magistratura».