La moda è sola, non c’è più a sorreggerla un movimento artistico, musicale o sociale. L’arte contemporanea non è più radicale, e quindi non le può servire da stimolo. Perfino gli artisti sono diventati mediatici e partecipano agli eventi come le veline e varie celebrità. Ancora oggi, il rock è l’unica musica che conserva un po’ di spinta creativa, ma da quando è nato sono passati più di 50 anni. Resta la musica dei DJ, e quindi il remix senza fine che pesca continuamente dal vecchio con l’aggiunta del ritmo della disco music. E qui siamo tutti d’accordo che la creatività è un’altra cosa. La società dorme ripiegata su ste stessa e non è più in grado nemmeno di difendersi (reagire sarebbe una pretesa di troppo) dal continuo attacco sui diritti conquistati.

I filosofi tacciono e parlano solo i politicanti, che credono di essere moderni perché parlano urlando. Come fa la moda a essere diversa da quello che la circonda? Se questa è la situazione generale, in Italia c’è qualche problema in più. La Fashion Week a Milano si è conclusa come era cominciata: con qualche rara e doverosa eccezione, la moda femminile per la prossima primavera-estate 2015 ha riverniciato le atmosfere degli Anni 70 con una pennellata così leggera che gli abiti che si sono visti in passerella potrebbero andare direttamente nell’hangar dove sono conservati i costumi di Hair, il film di Miloš Forman del 1979 che portava sullo schermo il musical di James Rado del 1968.

In più, la riproposizione degli Anni 70 è solo di immagine e non proietta la voglia di cambiamento di quegli anni, né stimola l’urgenza di pensare al nuovo che c’è oggi. Questa offerta di moda e la compressione in cinque giorni della Fashion Week di Milano hanno dato il destro alla stampa straniera per attaccare tutto il Sistema Moda italiano. Soprattutto quella inglese, che si è lamentata anche della poca creatività.

Critica un po’ esagerata e generalizzata, soprattutto perché arriva da un paese dove l’industria tessile è stata distrutta dalla Thatcher, dove la creatività è un ricordo degli anni che furono e da una città che preme per sostituire Milano nel tandem che, con Parigi, è al comando delle Fashion Week internazionali. La situazione è comunque delicata. La Camera Nazionale della Moda Italiana lavora intensamente per mettere a frutto la disponibilità operativa e propositiva che negli ultimi anni arriva dal Comune di Milano, il che fa invocare ad alcuni un intervento della politica, perfino governativa, per il supporto del sistema. Senza pensare che, in Italia, l’ingresso delle logiche della politica in questo settore provocherebbe l’estinzione immediata della moda.

L’aiuto non può che arrivare dagli stessi protagonisti della moda italiana: con i loro mezzi economici e logistici, stilisti e aziende devono fare in modo che la moda diventi fondante e trainante di un movimento che porti fuori dalle secche attuali tutta l’Italia per riportarla in quella posizione che la politica degli ultimi anni le ha tolto.

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