Il diritto alla fuga di un prigioniero è sempre sacrosanto, figuriamoci per un orso inseguito da umani, malgrado non abbia torto loro neppure un capello. Catturato tramite una trappola-tubo domenica sera in Val Rendena, nel Brenta, trasferito dopo molte ore a 60 chilometri di distanza dal proprio habitat e rinchiuso nell’area faunistica del Casteller, a sud di Trento, una riserva attorniata da un muro alto quattro metri con recinzioni elettrificate dove avrebbe trascorso il resto dei suoi giorni, M49, il plantigrado maschio di 3 anni che negli ultimi due aveva prodotto molti più danni di quanto facciano normalmente i suoi simili uccidendo pecore, mucche e assaltando arnie e caseifici, è riuscito ad evadere alle prime luci dell’alba.

«INSPIEGABILMENTE», diabolicamente quasi, sostengono coloro che vorrebbero risolvere la faccenda con lo stesso sbrigativo metodo che si applica al ladro che ti entra in casa. Primo tra tutti il presidente leghista della Provincia autonoma di Trento Maurizio Fugatti (ma anche la Coldiretti) che, con un ordinanza ai limiti delle sue competenze, il 1° luglio scorso ha ordinato la cattura dell’orso, descrivendolo come «pericoloso», e ieri ha dato il via libera, agli uomini della Forestale che lo cercano con i cani, per la sua uccisione. «Ciò che è accaduto rende giustizia delle preoccupazioni che avevamo espresso circa la pericolosità di questo esemplare e delle misure che avevamo deciso di assumere. – afferma Fugatti – A maggior ragione, a questo punto, ogni tipo di intervento per garantire la pubblica sicurezza non potrà che essere considerato assolutamente opportuno e legittimo».

MA LA DISPOSIZIONE ha ricevuto l’alt del ministro dell’Ambiente Sergio Costa (M5S) che non aveva autorizzato la cattura e ieri ha diffidato il presidente della Provincia: «Nessuna istruttoria fin qui elaborata dagli uffici, in collaborazione con Ispra, ha mai valutato il tema dell’uccisione dell’esemplare – scrive Costa – Il fatto che sia scappato dall’area attrezzata per ospitarlo non può giustificare un intervento che ne provochi la morte. Il presidente Fugatti moduli legittimamente il suo intervento. Le inefficienze mostrate nella cattura, che non mi vedono e mai mi hanno visto concorde, reclamano professionalità e attenzione massima. Cosa che invece fin qui non è stata mostrata. E adesso si parla di abbattimento? Assurdo e paradossale».

Un parere condiviso da Wwf, Lipu e Lac: «Gli orsi non volano. Se è fuggito è solo una dimostrazione della pessima gestione delle operazioni».

EPPURE NON SARÀ FACILE catturare M49, né ucciderlo, perché l’animale è privo di radio-collare: glielo hanno tolto nella riserva. Dunque ora non è più tracciabile e si può confondere con gli altri orsi. Ecco perché gli uomini della Forestale usano i cani per cercarlo. Ma anche la sedazione a distanza tramite dardi non è priva di insidie, come dimostra il caso di Daniza, l’orsa che nel 2014 venne uccisa da una dose letale di sonnifero.

M49 appartiene ad una sottospecie dell’ursus marsicanus, l’ursus arctos, leggermente più grande (può raggiungere i 300 kg) e dunque potenzialmente più pericoloso di quelli che nel Parco nazionale d’Abruzzo ogni anno invadono paesi e strade battute dall’uomo, senza sollevare terrore. «Fa parte delle generazioni derivanti da quella decina di plantigradi che nel 2002 sono stati portati in Trentino dalla Slovenia per rimpolpare la popolazione delle Alpi centrali che era in via di estinzione – spiega Filippo Zibordi, esperto faunista e autore del libro Gli orsi delle Alpi. Chi sono e come vivono (Blu edizioni) – Oggi se ne contano una sessantina, e ogni anno si registrano decine se non centinaia di incontri con l’uomo. Negli ultimi cinque anni però in Trentino due persone sono state aggredite da orse con cuccioli. Un avvenimento raro, infatti non succedeva da decenni. È invece più pericoloso, e richiede un intervento di dissuasione immediato, quando un orso impara a trovare cibo nei pressi dell’uomo, come è accaduto a M49».

Comunque i danni arrecati da questo esemplare non devono essere stati importanti, visto che nel 2018 la Provincia ha liquidato poco più che l’anno precedente, 95 mila euro contro gli 83 mila, per rimborsare gli allevatori.

Dunque, si rispetti il fuggitivo. Anche se, forse, per M49 la cattività a vita è peggio della morte.