Si dice spesso, di una persona che ha girato la boa degli anta da diversi decenni, che ha «molte primavere». Espressione un po’ ipocrita che spesso nasconde esistenze sfinite e fragili. Ci sono poi quelli che inanellano davvero una serie di primavere successive, confortati da una salute di ferro e da una mente lucida ed ironica. Come nel caso del grande Dino Piana. Classe 1930, jazzista nella Penisola da quando suonare il jazz era un’avventura curiosa e inventata lì per lì. Lui col suo trombone a pistoni era un fuoriclasse senza confronti, lo faceva cantare con naturalezza sulle capriole ritmiche più spericolate. Lo fa ancora a novant’anni: Al gir dal bughi (nel suo piemontese, «il giro del boogie woogie», per intendersi il blues) vede in azione un magnifico Dino Piana affiancato dal figlio Franco al flicorno, il magnifico ottantenne e suo amico di sempre Enrico Rava, altro vecchio ragazzo del jazz, Julian Oliver Mazzariello al piano, Gabriele Evangelista al basso, Roberto Gatto alla batteria.