Dobbiamo «accogliere, ospitare ed integrare tutti quelli che hanno dovuto lasciare o perdere la loro terra, le radici, la famiglia e il lavoro» e non invece, in maniera «assurda e irresponsabile», continuare ad «identificare ogni migrante come portatore di male sociale».
Dall’altro lato del mondo, a Panama, dove si trova per la Giornata mondiale della gioventù, papa Francesco, durante la Via crucis insieme a circa 400mila giovani – mentre in Europa calava la notte –, rilancia il comandamento dell’accoglienza nei confronti dei «cristi che camminano al nostro fianco» in questi giorni, a cominciare appunto dai migranti che al contrario, aggiunge il pontefice, «abbiamo imparato a rendere invisibili».

Dall’Italia, l’associazionismo cattolico risponde all’appello, nel pieno della nuova emergenza dei 47 migranti prigionieri a bordo della Sea Watch ancorata in mezzo al mare a largo di Siracusa. «Siamo pronti all’accoglienza dei ragazzi» sulla nave, annuncia Paolo Ramonda, presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII, che già ad agosto aveva accolto alcuni dei migranti a bordo della nave Diciotti – che anche allora il ministro Salvini rifiutava di far attraccare e poi scendere a terra – e che lo scorso anno ha avviato dei corridoi umanitari autorizzati dal Viminale.

La Conferenza episcopale italiana non tace, ma decisamente non si sgola. L’unica presa di posizione, risalente a qualche giorno fa, è un appello («Restiamo umani», la frase con cui chiudeva i suoi pezzi Vittorio Arrigoni) sottoscritto insieme alla Comunità di Sant’Egidio, alla Federazione delle Chiese evangeliche e alla Tavola valdese in cui si chiede di «salvare chi è in pericolo, ampliare i corridoi umanitari, aprire nuove vie di ingresso regolare». Chissà che il basso profilo della Cei non sia il ringraziamento al governo per aver ripristinato lo sconto sull’Ires per gli enti non profit, compresi gli enti ecclesiastici.

A parlare chiaro sono alcuni vescovi, come l’ex di Caserta, monsignor Nogaro, il quale ha lanciato un appello alla Chiesa italiana (che ha raccolto 7mila adesioni) affinché «reagisca di fronte all’inumanità di chi criminalizza gli esseri umani sulla base del passaporto» ma anche perché «apra chiese, conventi, parrocchie e i tanti luoghi sacri vuoti e senza fedeli, che attendono di accogliere i crocifissi della terra. Chiedo alla Chiesa di non tacere, di non lasciarsi catturare da calcoli umani e diplomazie», ma di alzare la voce «per difendere gli esseri umani». O come monsignor Ricchiuti, vescovo di Altamura e presidente di pax Christi: «Chi ha il cuore aperto, non chiude né porte né porti!».

E un cartello di associazioni laiche (Amnesty international, Arci, Libera, Archivio disarmo, Rete disarmo, Un Ponte per…) e cattoliche (Movimento dei focolari Italia, Pax Christi, Pro Civitate Christiana di Assisi, agenzia Adista), che domani pomeriggio in Campidoglio chiederà l’approvazione di una mozione contro l’esportazione delle bombe made in Italy all’Arabia saudita per la guerra in Yemen, lancia l’appello «#Porti chiusi alle bombe, non alle persone». «Mentre chiudiamo i porti ai disperati in fuga dalla misera e dalla violenza – spiegano -, le spalanchiamo alle micidiali bombe pronte a fare a pezzi persone che hanno la sola colpa di trovarsi in mezzo a feroci contenenti del potere di turno. Carne da macello, nostri fratelli e sorelle. È venuto il tempo di cambiare rotta. Apriamo i porti alle persone, sbarriamoli alla guerra che abbiamo ripudiato, se è ancora in vigore la nostra Costituzione». Ditelo a Salvini, che raglia di chiudere i porti in nome della Costituzione.