Alcuni di loro partono che sono ancora dei bambini e arrivano che sono quasi uomini. Alle spalle un viaggio che può durare anche anni, ma soprattutto si lasciano dietro miseria, guerre, persecuzioni o violenze, familiari e sessuali. E in comune, oltre al destino, hanno anche un’altra cosa: sono tutti minori, spesso non accompagnati da un adulto che si prenda cura di loro. I più vulnerabili tra i vulnerabili: «I loro nomi sono James, Esther, Selim, Souleyman, Yasmine, Magdi, Youssouf, Abdo, Hamid e Yussif. Prima di «migranti sono soprattutto adolescenti con storie particolari, spesso molto difficili», scrive la ong Sos Mediterranée che ha raccolto le storie di alcuni di loro in un dossier intitolato «Giovani naufraghi. Percorsi di minori salvati dalla Aquarius e dalla Ocean Viking», le due navi della ong europea che, in periodi diversi, hanno operato nel Mediterraneo centrale.

In quattro anni, dal 2016 al 2019, Sos Mediterranée ha strappato al mare 30.734 persone, quasi un quarto delle quali, 6.836, erano minori. Ragazzi e ragazze costretti alla fuga dalle ragioni più diverse. Come James, nigeriano. Aveva 17 anni quando lasciò il suo Paese per la morte dei genitori, 22 quando venne salvato. «Ero da solo, dovevo guadagnarmi da vivere. Ma non c’era alcuna possibilità di trovare lavoro nella mia regione», ha raccontato ai volontari di SosMed.

Non è detto che chi una famiglia ce l’ha, sia più fortunato. Esther, anche lei 17 enne, è fuggita dal Ghana perché volevano farle sposare il figlio dello zio paterno. Così dice la tradizione del suo Paese, ma lei avrebbe voluto studiare. «Non è facile per una donna vivere in Ghana», ha raccontato. «Se non accetti le regole la famiglia ti rigetta. Mia madre non voleva che fossi buttata per strada, ma mio padre mi diceva che se non avessi sposato l’uomo che aveva scelto per me mi avrebbe uccisa».

Ufficialmente le politiche europee mirano a contrastare i trafficanti di uomini, in realtà rendono sempre più pericoloso il viaggio di chi vuole raggiungere l’Europa ad ogni costo: «Molti di questi minorenni – testimonia ad esempio Lea Main-Klingst, volontaria e cofondatrice di Sos Mediterranée in Germania dopo il salvataggio di un’imbarcazione con molti migranti eritrei – arrivano a bordo con solo i vestiti sulla schiena. Molti non avevano scarpe… Ovviamente nessuno di loro aveva calzature adatte ad attraversare il deserto o la Libia».

Non basteranno mai i racconti degli orrori vissuti dai migranti sull’altra sponda del Mediterraneo, dove la cosiddetta Guardia costiera libica riporta i disperati che vengono intercettati in mare: torture, furti, stupri, riduzione in schiavitù, uccisioni sono all’ordine del giorno e se hai la sfortuna di volere una vita migliore vieni trattato come un nemico. «Prima le donne e i bambini è una frase che viene fuori quando si evocano scene di guerra», scrive il presidente di SosMed, Alessandro Porro. «Ma che dire di quei bambini che viaggiano da soli e che attraversano il Mediterraneo su gommoni sovraccarichi?».