Per il sottosegretario con delega all’editoria e ai terremoti Vito Crimi l’Inpgi, l’ente previdenziale dei giornalisti , ha richiesto al governo un intervento per affrontare la crisi economica (147 milioni di euro di sbilancio), ma tale intervento sarebbe ostacolato dal cda dello stesso ente dove siedono «i rappresentanti nominati da Renzi, quindi dal Pd, che non mollano la poltrona – ha detto Crimi – Antonio Funiciello, già portavoce di Luca Lotti – quello che intrallazzava a telefono per le nomine dei magistrati – e già capo staff di Gentiloni, è un prodotto del poltronificio Pd che oggi vive a spese dei giornalisti e delle loro pensioni». La scadenza del mandato dei vertici Inpgi è aprile 2020. L’attacco di ieri di Crimi suona come un invito a dimettersi per aprire un’interlocuzione con un governo che, in realtà, è già in corso con la parte leghista dell’esecutivo.

«QUESTA È UNA GAG o un numero di cabaret – ha attaccato il segretario Fnsi Raffaele Lorusso – Se Crimi vuole sostituirli, lo faccia, rientra nelle sue prerogative. Se non gli riesce, farebbe bene a prendersela con se stesso. Crimi ha messo da tempo nel mirino l’Istituto di previdenza dei giornalisti, insieme con tutta la professione, perché si illude di colpire l’informazione e di cancellare il pluralismo». Per la presidente dell’ente previdenziale Marina Macelloni «l’Inpgi non ha chiesto nulla al governo e tanto meno a Crimi, i nostri interlocutori sono semmai i ministeri dell’economia e del lavoro, mentre i nostri rappresentanti sono nominati dal governo, non cooptati da noi». In una conferenza stampa Macelloni ieri ha precisato che dal governo non «trapela la volontà di commissariare l’Inpgi, né di farlo confluire nell’Inps». Il passaggio all’Inps costerebbe 600 milioni di euro all’anno. Dai leghisti è emersa una prospettiva diversa: mantenere l’autonomia dell’ente allargando la base contributiva. «Lo prevede la norma del Dl crescita che ci dà 12 mesi di tempo» ha aggiunto Macelloni. Il percorso partirà dal 31 luglio e dovrebbe essere affiancato da un confronto con il sottosegretario leghista al lavoro Claudio Durigon, autore della proposta di allargamento della platea ai «comunicatori». Una soluzione che permetterebbe di continuare a difendere il sistema degli ammortizzatori sociali che l’Inpgi si paga da solo. «Siamo l’unico soggetto che ha investito sull’editoria» ha aggiunto Macelloni.

DOPO UN CONFRONTO con il sindacato dei giornalisti Fnsi il 16 luglio Durigon ha escluso, non casualmente, divergenze con il collega di governo Crimi. Il suo punto di vista è concentrato sull’occupazione e la previdenza, mentre Crimi sta seguendo gli «stati generali dell’editoria» attraverso il quale il governo starebbe mettendo a punto la sua visione strategica sull’editoria. Durigon sostiene di essere al lavoro per trovare una soluzione alla drammatica crisi occupazionale e gli effetti prodotti sui conti dell’Inpgi, mentre sembra ignorare gli effetti concreti che produrranno i tagli al fondo per l’editoria: l’aumento della disoccupazione, una spesa maggiore in ammortizzatori dell’Inpgi, una crisi sociale ed economica ancora più drastica.
NEI COMPLICATI DISSIDI di un governo bifronte l’Fnsi ha annunciato una pubblica presa di distanza dalla fase conclusiva degli Stati generali in mancanza di segnali diversi da parte dell’esecutivo. La campagna partirà il 12 settembre. Durigon ha assicurato la sua partecipazione alla riunione.